Opposizione alla registrazione del marchio
“UN marchio PER UNA SOCIETÀ È COME LA REPUTAZIONE PER UNA PERSONA”
Jeff Bezos
Chi ritiene che qualcun altro stia facendo illegittimamente uso di un marchio uguale o simile al proprio, precedentemente registrato, ha a disposizione dei mezzi per tutelarsi, che saranno diversi a seconda del momento in cui la tutela viene azionata.
Nel caso in cui sia depositato un marchio , non ancora registrato, troppo simile a uno già registrato, allora il titolare di quest’ultimo potrà proporre opposizione dinanzi all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; si tratta di un procedimento amministrativo con cui si chiede il rigetto della domanda di registrazione del marchio successivo che si ritiene lesivo.
L’opposizione deve essere depositata entro termini perentori, ossia in Itali entro 3 mesi dalla pubblicazione del marchio effettuata dall’UIBM; la decisione spetterà all’Esaminatore, il quale dovrà valutare se vi sia rischio di confusione tra i due segni distintivi. Tale decisione potrà essere impugnata dinanzi alla Commissione Ricorsi.
Ove al contrario il termine per l’opposizione sia già decorso, allora l’unico rimedio sarà fornito dalla via giudiziale, usualmente preceduta da un tentativo di accordo stragiudiziale che rappresenta sempre la miglior soluzione per evitare le lungaggini processuali.
Opposizione Giudiziaria al Marchio
Se ciò non è possibile, ci si dovrà in primo luogo attivare per ottenere una misura cautelare che, nelle more del processo civile, impedisca l’utilizzo del marchio.
Esistono tre diverse misure: l’inibitoria, con cui il giudice vieta immediatamente al contraffattore la prosecuzione nell’uso di quanto costituisce violazione del diritto altrui, il sequestro, che impedisce l’ulteriore circolazione dei prodotti contraffatti e, infine, la descrizione, ossia la misura tramite cui il titolare acquisisce la prova della violazione del proprio diritto prima che sia instaurato il procedimento giudiziale.
Per poter ottenere tali misure cautelari occorrerà dare la prova dell’esistenza del fumus boni iuris, ossi la fondatezza del diritto, del peiculum in mora, cioè del rischio di subire un danno.
Per ciò che invece concerne la causa principale, essa sarà diretta ad accertare la contraffazione e a ordinare la rimozione di tutti i segni distintivi utilizzati e dei prodotti che riportino tali segni contraffatti, sulla scorta di quanto sancito anche dall’art. 2598 c.c., che qualifica come atto di concorrenza sleale l’utilizzo di segni distintivi idonei a produrre confusione con quelli legittimamente utilizzati da altri.
L’istante potrà chiedere anche la pubblicazione della sentenza e il risarcimento del danno prodotto.
Consulenza tecnica rischio confusione marchio
Nel corso dell’iter giudiziario di contraffazione potrebbe essere utile nominare un CTU che si occupi di valutare le probabilità di confusione tra due segni distintivi.
Può trattarsi di un grafico, di un pubblicitario, o anche di analista di mercato che abbia le competenze e la capacità di verificare quali possano essere gli effetti nel mercato di riferimento dei prodotti con marchio simile.
In questo modo il giudice sarà facilitato nella sua decisione.
Concorrenza Sleale Marchio
Come sopra già detto, l’art. 2598 c.c., oltre alla normativa speciale contenuta nel Codice della Proprietà Industriale, individua le condotte integranti concorrenza sleale. A tali condotte il successivo art. 2599 c.c. ricollega determinate sanzioni, statuendo che la sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinchè ne vengano eliminati gli effetti.
Infine, l’art. 2600 c.c. prevede che se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo e con colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni. Ancor più importante è la presunzione che tale norma pone, affermando che una volta accertati gli atti di concorrenza sleale la colpa si presume.
In altri termini, ogniqualvolta si compia un atto rientrante tra quelli descritti dall’art. 2598 c.c., che comprende anche l’utilizzo di marchi contraffatti, la legge presumerà la presenza dell’elemento soggettivo che sorregge gli atti accertati e darà la facoltà al danneggiato di richiedere il risarcimento danni.
Contraffazione del marchio e tutela penale
La contraffazione di un marchio può dar luogo, oltre che alla sopra descritta responsabilità civile, anche a responsabilità penale.
E infatti l’art. 473 c.p. prevede che chiunque, potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.
I superiori delitti sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.
Affinché si configuri il reato di contraffazione del marchio è necessaria l’intenzionalità, ossia il dolo, nonché l’idoneità a trarre in inganno il consumatore, non occorrendo l’imitazione servile del marchio.
Potrebbe infatti generare confusione nel consumatore l’utilizzo di marchi simili, per non dire uguali, a quelli registrati.
Si pensi, ad esempio, alla controversia in atto da diverso tempo tra la Guess e Gucci per l’utilizzo della famosa stampa con le G incrociate.