Rimozione contenuti su Google e diritto all'Oblio
Non può ravvisarsi l’interesse pubblico alla consultazione di un articolo reperibile attraverso il motore di ricerca e risalente a sei anni prima, dove vengono riportate opinioni politiche non oggettivabili.
Questo è quanto decide il Tribunale di Milano accogliendo il ricorso di una docente universitaria che aveva impugnato il provvedimento del Garante della Privacy e convenuto Google in giudizio per avere rifiutato di deindicizzare URL e tracce digitali della ricerca per nome e cognome con la quale si visualizzavano risultati attinenti una sua ipotetica raccomandazione nell’ottenimento di cariche amministrative.
Diritto all’oblio e figure pubbliche: la docente universitaria tra incarichi e polemiche
Una docente universitaria, titolare della cattedra di Economia Politica presso l'Università di Roma Tre, riveste anche diverse cariche all’interno di enti economici del mercato dell’energia.
È infatti componente dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, vice presidente della MEDREG (Mediterranean Energy Regulators) e componente del CEER (Council of European Energy Regulators).
Opinioni politiche e diritto alla reputazione online
Non è un mistero che sia sposata con un ex deputato ed è dunque del tutto plausibile che abbia anche simpatie politiche e, soprattutto, che goda della stima di un esponente di un importante partito italiano, che a sua volta è segretario del partito ed ha ricoperto anche la carica di ministro.
Un giornalista della carta stampata, espressione di una posizione politica da sempre contrapposta al partito in cui militava il marito della Professoressa, decide di approfondire la questione della sua candidatura nel collegio dell’Authority per l’energia elettrica ed il gas.
Diffamazione online: l’articolo giornalistico contestato
Dopo una breve inchiesta, egli pubblica un articolo dal titolo "Democratici allo sbando - L'energia? Un affare di famiglia. Vince la raccomandata di B." con sottotitolo "Il segretario indica la moglie di un ex deputato Ds per l'Authority. Scontro nel partito. Imbarazzo fra gli esperti: nomina inspiegabile".
Egli commenta con sospetto la candidatura delle Professoressa come membro del collegio dell’Autorithy sull’energia e adombra che per ricoprire le diverse cariche nei settori dell’energia, alla Professoressa non sia servito il curriculum accademico ma sia stato sufficiente vantare amicizie ai piani alti della politica.
Opinioni di esperti e presunti favoritismi
Attacca la Professoressa perché, dice, non è considerata una vera esperta del settore secondo le opinioni raccolte da due economisti che avevano commentato la sua nomina a professore ordinario. Questi due economisti, intervistati dal giornalista evidentemente, avevano espresso perplessità sulla vincita del concorso per la cattedra di Economia Politica da parte della Professoressa, giudicata meno capace e meno qualificata di altri candidati.
Il giornalista rimarca il dubbio che la Professoressa abbia i requisiti professionali per far parte dell’Autorità indipendente prendendo spunto da queste opinioni ed esprime il punto di vista personale che, allora, se il curriculum della Professoressa non è ritenuto all’altezza della sua qualifica accademica, allora probabilmente ella non è neppure all’altezza dell’incarico. Dal che, egli ne fa discendere che questa nomina in realtà sia frutto di una raccomandazione e che il suo nome sia stato addirittura dettato personalmente dal segretario del partito di cui faceva parte il marito.
Richiesta di rimozione dell’articolo e diritto all’oblio
Venuta a conoscenza dell’articolo, la Professoressa, indignata, chiede ed ottiene subito che questo articolo, ormai diffuso nella stampa cartacea, sia almeno cancellato dall’archivio online del sito del quotidiano.
Tuttavia il giornalista non si arrende e decide di continuare ad insistere per dimostrare che la Professoressa è l’ennesima raccomandata eccellente di un sistema politico corrotto.
Diritto alla cancellazione dei contenuti: l’articolo riproposto online
Così, a distanza di qualche mese, il giornalista ripropone l’articolo sul proprio blog, nel quale dichiara di occuparsi di tutela del territorio e problematiche ambientali, e su un altro sito online.
Non solo torna alla ribalta la questione degli incarichi, ma la Professoressa nota anche che digitando il proprio nome e cognome, nonostante la grande quantità di informazioni relative alla sua carriera accademica e istituzionale il sesto risultato della prima pagina dei risultati di ricerca di Google rimanda proprio a questo articolo che lei ritiene altamente diffamatorio.
Causa legale per la tutela del diritto all’oblio
Il giudizio viene incardinato con ricorso ex art. 152 D. Lgs. n. 196 del 2003 per l’annullamento del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali. Costituitisi i resistenti e terminata la fase istruttoria con l’acquisizione dei documenti, la causa viene discussa e decisa ex art. 281 sexies c.p.c. come da dispositivo letto in udienza.
Argomentazioni sul pubblico interesse e la privacy
Il ricorrente contesta la sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza della notizia contenente i suoi dati personali, reperibile attraverso la ricerca su Google, a causa del tempo trascorso dalla sua pubblicazione e del contenuto diffamatorio dell’articolo.
La difesa del Garante e del motore di ricerca
Il Garante per la protezione dei dati personali deduce la prevalenza dell’interesse pubblico a reperire rapidamente le informazioni in considerazione del ruolo pubblico svolto dall'interessato e l’impossibilità per il motore di ricerca di valutare la correttezza delle informazioni pubblicate dal sito di origine, chiedendo il rigetto del ricorso.
G.I. S.r.l. e G. Inc., per il motore di ricerca, eccepisce preliminarmente il difetto di legittimazione passiva di G.I. S.r.l. Nel merito, contesta la mancata richiesta di tutela del diritto all'oblio nei confronti del motore di ricerca al quale va sostituito il webmaster del sito fonte dove le informazioni sono pubblicate nonché la prevalenza dell'interesse pubblico alla conoscenza delle informazioni.
Tribunale di Milano: Google Italia responsabile nei giudizi sulla privacy
Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso, avente oggetto gli articoli reperibili sul blog in oggetto con la chiave di ricerca “nome e cognome” del ricorrente.
Rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta da G.I. S.r.l. in quanto nominata da G. Inc. quale proprio rappresentante in Italia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 del Codice, "in relazione all'applicazione del Codice Privacy e alla normativa sulla tutela dei dati personali" e precisato il petitum nella tutela del diritto all'identità personale del ricorrente, il Tribunale procede all’esame nel merito delle argomentazioni.
Bilanciamento tra diritto all’informazione e diritto all’oblio
Per bilanciare i contrapposti diritti, il Tribunale richiama la nota sentenza della Corte di Giustizia europea Google v. Costeja Gonzalez e le Linee Guida emanate ai sensi dell'art. 29 della direttiva 95/46/CE che hanno indicato gli elementi del tempo e del ruolo ricoperto dall'interessato nella vita pubblica per definire i contorni del diritto all’oblio, ai quali vanno aggiunti la maggiore incidenza ed invasività delle informazioni veicolate dal motore di ricerca, la libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata delle società che gestiscono i motori di ricerca, il diritto alla libertà di informazione ed il diritto alla libertà di espressione.
Il diritto alla dis-associazione del proprio nome dai risultati di ricerca
Il Tribunale distingue il diritto all'identità personale dal diritto all’oblio, definendolo come il diritto alla dis-associazione del proprio nome da un dato risultato di ricerca, diverso dal diritto ad essere dimenticato.
A tale categoria assegna i riferimenti normativi dell'art. 2 della Costituzione, degli artt. 3 e 8 della Carta europea dei diritti dell’uomo, l’art. 1 della Direttiva 95/46/CE, l'art. 2 del D.Lgs. n. 196 del 2003, tutti rivolti alla protezione dei diritti inviolabili della persona, mentre il caso concreto viene inserito nella cornice normativa degli art. 7 D. Lgs. n. 196 del 2003 che indica i diritti dell’interessato in riferimento al trattamento dei sui dati personali e art. 11 che impone le relative modalità di trattamento specificando i criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza e non eccedenza rispetto allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale.
Cancellazione dei dati non aggiornati e non di pubblico interesse
Pertanto, il Tribunale ritiene che i dati personali in oggetto, seppure trattati a fini giornalistici e ancora astrattamente attuali per via del ruolo pubblico della ricorrente, “non siano aggiornati e pertinenti e non rivestano alcun carattere di pubblico interesse", in quanto le opinioni ivi contenute non sono state confermate dai fatti e l'editore che aveva pubblicato l'articolo ne ha disposto la cancellazione dall'archivio telematico del sito.
Una nuova categoria di diritti per la tutela dell’identità personale online
Con questa sentenza, la giurisprudenza di merito italiana ha espresso per la prima volta alcuni concetti chiave in materia di tutela dei dati personali applicata al web.
Innanzitutto ha espressamente riconosciuto Google Italy S.r.l. quale rappresentante in Italia di Google Inc., ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 del D.lgs. 196/2003 (Codice della privacy), ritenendola soggetto processualmente legittimato a partecipare alle controversie in materia di trattamento dei dati personali che coinvolgono il motore di ricerca.
Inoltre, viene delineata l’ulteriore categoria del diritto alla dis-associazione del proprio nome da un dato risultato di ricerca, e viene ritenuta un aspetto del diritto all’identità personale. Tale categoria è distinta dalla fattipecie del diritto della personalità, all’interno della quale è ricondotto l’autonomo diritto all’oblio.
Raccomandazioni eccellenti nella politica italiana: altri casi simili
La ricerca di prove che smascherino raccomandazioni importanti è spesso al centro delle inchieste giornalistiche, non sempre però le supposizioni sono confortate da prove effettive.
Ne furono ad esempio oggetto gli ex ministri Bray, riguardo al quale un giornale online ipotizzò che la carica non fu meritoria ma imposta da un famoso politico suo conterraneo e Alfano, al quale invece fu attribuito che avesse raccomandato l’assunzione della cognata in un gruppo parlamentare come esperta di web e social.
Assistenza legale per casi di diritto all’oblio e diffamazione online
Questa vicenda dimostra come il diritto all’oblio sia un tema delicato, legato al bilanciamento tra interesse pubblico e tutela della reputazione.
In casi simili è fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in diritto all’oblio e protezione della reputazione digitale, in grado di assistere chiunque ritenga di essere stato danneggiato da contenuti non più pertinenti o lesivi della propria immagine.