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Come non pagare l'IRPEF per impiegati Diplomatici e Consolari

come non pagare irpef consolato

Avvertenza: il presente articolo non intende fornire strumenti di elusione al pagamento dell'irpef, ma solo rappresentare i diritti e gli strumenti a disposizione del contribuente e dell'Avvocato.

L’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (T.U.I.R.) prevede che le persone fisiche vengano assoggettate all’imposizione fiscale italiana in base alla loro residenza, indipendentemente dalla loro nazionalità. 

Tale principio di ordine generale è, tuttavia, derogato da alcune norme speciali, che prevedono l’esenzione, in favore del personale impiegato per le Rappresentanze diplomatiche, da ogni imposta e tassa.

Il riferimento è, in particolare, ai membri ed impiegati di ambasciate, consolati ecc., (nonché ai loro familiari) i quali, limitatamente ai redditi percepiti nello svolgimento del proprio incarico, risultano esentati da ogni tassa ed imposta (con particolare riguardo all’IRPEF e alle relative addizionali).

Deroga, anzitutto, alla regola generale l’art 49 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24.4.1963.

Impiegati Diplomatici e Consolari Esentati dal pagamento Irpef

In forza di tale disposizione, gli impiegati ed i funzionari consolari, nonché i membri della loro famiglia, ancorché fiscalmente residenti in Italia, sono esentati da ogni imposta e tassa (ivi includendo imposte personali, reali, di competenza statale, regionale e comunale).

Come si anticipava, tuttavia, l’esenzione riguarda esclusivamente i redditi percepiti nello svolgimento del proprio incarico.

Restano fuori dal campo applicativo della norma, dunque, i redditi derivanti da attività o investimenti in qualche modo connessi alla sfera “privata”.

In altri termini, esulano dall’esenzione gli investimenti finanziari, i redditi derivanti da partecipazioni, e tutte le altre attività detenute al di fuori dello dell’incarico, le quali restano regolarmente sottoposte alla potestà impositiva italiana.

Ebbene, in tempi estremamente recenti, una Commissione Tributaria Provinciale si è pronunciata sulla questione.

Facendo leva sull’art 49 della Convenzione di Vienna, ha affermato che:


“gli impiegati delle rappresentanze diplomatiche e consolari degli stati esteri, fiscalmente residenti in Italia, non devono scontare le imposte sul reddito corrisposto dalla Rappresentanza diplomatica presso cui sono impiegati.” .


I giudici lombardi fondano la propria decisione sia sulla sopra citata Convenzione di Vienna, che sulla normativa interna italiana (art. 4, comma 2, D.P.R. n. 601/1973 ), concludendo nel senso di accordare l’esenzione da IRPEF agli impiegati delle rappresentanze diplomatiche e consolari, ancorché fiscalmente residenti in Italia.

Occorre, tuttavia, rammentare che l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche si applica solo in presenza di due condizioni:

  1. La prima è quella di reciprocità, sicché l’esenzione deve essere prevista anche nell’altro Stato per i funzionari italiani ivi presenti;
  2. la seconda, richiede che i dipendenti delle rappresentanze estere non siano cittadini italiani e non appartengano alla Repubblica italiana.

Ricorso per Annullamento Accertamento Irpef Impiegati Consolari e Diplomatici

La pronuncia veniva emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale sulla base del ricorso presentato per l'annullamento dell'accertamento dell'Agenzia dell'Entrate.

La dipendente del Consolato del proprio Stato in Italia, mediante il proprio professionista di fiducia, chiedeva di annullare gli avvisi di accertamento basati sulla mancata presentazione della dichiarazione fiscale ai fini IRPEF.

Ebbene, secondo i giudici è di “palmare evidenza” che l’art 49 della Convenzione di Vienna rappresenti una fonte normativa speciale in deroga alla disciplina nazionale in tema di tassazione.

Tale deroga, in particolare, si fonda su un’esenzione da imposta strutturalmente connessa con il dato della cittadinanza estera del funzionario.

Questo spiega perché la deroga si applichi anche laddove il funzionario, eventualmente con la propria famiglia, risieda fiscalmente in Italia.

Peraltro, come specificato dalla norma e come anticipato al punto 1, l’esenzione da tassazione opera limitatamente ai redditi percepiti dal funzionario nello svolgimento dell’incarico, mentre esulano dal regime di esenzione fiscale i redditi connessi o derivanti dalla sua sfera privata, come ad esempio gli investimenti immobiliari.  

Infatti, ai sensi dell’art 49, rubricato “esenzione fiscale”, “i funzionari consolari, gli impiegati consolari e i membri della loro famiglia viventi nella loro comunione domestica sono esenti da ogni imposta e tassa, personali o reali, nazionali regionali e comunali, eccettuati:

a. le imposte indirette di natura tale che sono ordinariamente incorporate nei prezzi delle merci o dei servizi;

b. le imposte e le tasse sui beni immobili privati situati nel territorio dello Stato di residenza, riservate le disposizioni dell’articolo 32;

c. i diritti di successione e di mutazione riscossi dallo Stato di residenza, riservate le disposizioni del paragrafo b dell’articolo 51;

d. le imposte e le tasse sui redditi privati, compresi i guadagni in capitale, che abbiano la fonte nello Stato di residenza, e le imposte sul capitale riscosse sugli investimenti fatti in imprese commerciali o finanziarie situate nello Stato di residenza;

e. le imposte e le tasse riscosse a rimunerazione di servizi particolari resi;

f. i diritti di registro, di cancelleria, d'ipoteca e di bollo, riservate le disposizioni dell’articolo 32.

2. I membri del personale di servizio sono esenti dalle imposte e dalle tasse sulle mercedi che ricevono per i loro servizi.

3. investimenti finanziari, etc., redditi che rimangono sottoposti alla tassazione prevista dalla normativa fiscale dello Stato “ospitante”.

Anche la legislazione fiscale italiana, peraltro, depone in tal senso: infatti, l’art 4 del DPR n. 601/73, recita che:

“I redditi degli ambasciatori e degli agenti diplomatici degli Stati esteri accreditati in Italia, derivanti dall’esercizio della loro funzione sono esenti dalla imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’imposta locale dei redditi. L’esenzione stabilita nel comma precedente si applica a condizione di reciprocità anche ai consoli, agli agenti consolari e agli impiegati delle rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati esteri, che non siano cittadini italiani, né italiani non appartenenti alla Repubblica”.

È dunque evidente che l’esenzione, che è sottoposta a condizioni di reciprocità, è condizionata altresì alla circostanza che tali soggetti non siano cittadini italiani e che non appartengano alla Repubblica italiana.

Non dovuto il pagamento delle imposte sul reddito

In conclusione, secondo la Commissione Tributaria, il cittadino estero che non abbia altri redditi di natura personale, sebbene fiscalmente residente in Italia, non dovrà pagare le imposte sul reddito.

Nel caso di specie, dunque, la ricorrente è stata ritenuta esente dal pagamento dell’imposta sul reddito corrisposto dalla Rappresentanza diplomatica di riferimento e ciò non solo in virtù della predetta Convezione di Vienna del 1963, ma anche ai sensi della normativa interna italiana, di cui all’articolo 4, comma 2, DPR n.601/1973.

Peraltro, come rilevato dai giudici, nel caso in esame ricorrevano tutte le circostanze idonee a dimostrare che la ricorrente non aveva illegittimamente omesso la dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF.

Infatti:

1)           sin dal suo ingresso in Italia, la ricorrente si era occupata unicamente delle attività relative all’avvio di un nuovo ufficio del consolato;

2)           sussisteva la dichiarazione del Console Generale volta ad accertare che la Signora prestava servizio come impiegata consolare sin dal 1979;

3)           sussisteva altra dichiarazione secondo cui le retribuzioni per lo svolgimento delle mansioni in qualità di impiegata consolare rientrano nell’ambito applicativo della Convenzione di Vienna.

4)           ricorreva l’attestazione per cui le retribuzioni dirette al personale assunto presso il Consolato di riferimento sono corrisposte direttamente dallo Stato di provenienza con fondi stanziati provenienti dal bilancio di suddetto Stato ed esclusivamente destinati alle missioni consolari all’estero.

In considerazione di tali circostanze, i giudici concludono, dunque, che:

“non può pertanto sostenersi, che la ricorrente, con cittadinanza argentina dalla nascita abbia omesso la dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF, considerata la fonte estera delle retribuzioni percepite, corrispostele quale funzionario consolare e non suscettibili di imposizione in Italia in quanto erogati dal Consolato argentino, di per sé esenti e/o esclusi per status.”


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