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Tassazione delle vincite nei casinò extra Unione Europea

Il Supremo Collegio ha avuto modo di pronunciarsi su una questione da tempo dibattuta: la tassazione delle vincite presso casinò situati al di fuori dall’Unione Europea.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, le vincite corrisposte da case da gioco situate al di fuori dello Stato italiano o degli altri Stati membri dell’Unione europea “costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione”. (Cass., sezione penale, sentenza n. 24589 depositata il 31 agosto 2020).

In base a tale principio, i giudici hanno, dunque, respinto il ricorso di un contribuente italiano che riteneva violata la parità di trattamento tra le vincite nei casinò italiani e quelle soggette a imposizione provenienti da altri Pasi. 

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Invero, la pronuncia della Cassazione conferma la precedente pronuncia della Corte di Appello di Ancona, che a sua volta confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Macerata, il quale condannava il contribuente alla pena condizionalmente sospesa di un anno di reclusione, per aver indicato, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2010, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, al fine di evadere l’imposta ai sensi di cui all’art 4 d. lgs. 74/2000.

In particolare, gli elementi attivi erano costituiti dalla somma di Euro 1.339.955 relativa alle vincite conseguite presso il Casinò di Montecarlo, e superiore al 10% di quelli indicati in dichiarazione.

Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il contribuente lamentava violazione di legge ex art. 3 d.P.R. 640/1972 nonché vizio motivazionale, deducendo che le vincite al gioco fossero esenti dalle imposte sui redditi, essendo esclusivamente assoggettate all’ISI (Imposta sugli Spettacoli) corrisposta direttamente dal Casinò in presenza di incassi superiori alle vincite pagate.

Secondo quanto dedotto dal ricorrente, inoltre, i redditi non possono subire discriminazioni o regimi differenziati a seconda dello Stato di provenienza, come si evince dall’art. 49 del Trattato EU e come comprovato dalla circostanza che i provvedimenti della Corte di Giustizia trovano generalizzata applicazione a prescindere dal luogo di produzione del reddito.

In virtù di tali considerazioni, il contribuente contestava “la classificazione del Principato di Monaco come uno Stato a fiscalità privilegiata, tanto più che l’assoggettamento ad imposizione di tali somme avviene in Italia.

A tal proposito, il contribuente invocava anche il principio elaborato dalla CGUE secondo cui non si possono esonerare le vincite in Casinò italiani ed assoggettare ad imposizione quelle provenienti da altri Paesi, locuzione questa che non può essere circoscritta ai soli Paesi europei.

Condanna Reclusione parziale dichiarazione dei redditi da vincita al gioco

Ebbene, argomenta invece la Corte di Cassazione che, in base alla normativa fiscale italiana, “le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate nello Stato o negli altri Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta”.

Secondo i giudici, dunque, allo stato attuale e nel periodo di imposta oggetto di controversia, le vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate nello Stato o negli altri Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito e non sono soggetti ad alcun prelievo alla fonte.

Tuttavia, non può che osservarsi che il Principato di Monaco, ove il giocatore aveva ottenuto la sua vincita, non è uno Stato membro dell’Unione Europea e non aderisce all’Accordo sullo Spazio economico europeo, ed anzi, è uno Stato con regime fiscale privilegiato, come osservato anche dalla Corte di Appello.

In conclusione, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “le vincite corrisposte da case da gioco situate al di fuori dello Stato italiano o degli altri Stati membri dell’Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione”.

Per la Cassazione, infatti, tale interpretazione non costituisce violazione della libertà di stabilimento, principio di cui le imprese site nel Principato di Monaco non possono avvalersi, non facendo parte dell’Unione Europea.

La scelta di mantenere un regime di tassazione piena è, peraltro, giustificata, oltre che da ragioni prettamente fiscali, anche dalla “necessità di prevenire il rischio di possibili forme incontrollabili di riciclaggio, di autoriciclaggio, di fuga di capitali all’estero o di introduzione di capitali in Italia di incerta provenienza”.

Per tutto quanto fin qui esposto, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso del contribuente, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio.

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