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Revoca Agevolazioni Fiscali prima Casa

La grande maggioranza degli immobili abitativi viene acquistata avvalendosi dei cosiddetti “bonus” sull’acquisto della prima casa.

Si tratta di agevolazioni fiscali che rendono meno gravosa la compravendita immobiliare:

  • se si acquista da un privato, viene ridotta l’imposta di registro;
  • se si acquista da un’impresa, viene ridotta l’Iva;
  • non sono dovute l’imposta di bollo, i tributi speciali catastali, le tasse ipotecarie sugli atti assoggettati all’imposta di registro;
  • è prevista la detrazione Irpef del 19% per le spese di intermediazione immobiliare fino a 1.000 euro, nonché la detrazione degli interessi passivi sul mutuo.

No Agevolazione per Abitazioni di Lusso

Per poterne usufruire è, tuttavia, necessario che l’immobile soddisfi alcuni requisiti: fra gli altri, la casa non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9e non deve quindi essere considerata come casa di lusso.

Attestazione Classificazione dell’immobile

Ne deriva che, in sede di stipula dell’atto di trasferimento dell’abitazione, il contribuente deve attestare anche la classificazione dell’immobile, oltre alla sussistenza degli altri requisiti richiesti per usufruire delle agevolazioni.

Risulta, quindi, di grande importanza definire cosa si intenda per “abitazione di lusso”, anche riferendosi alle ultime importanti sentenze sul punto.

Le caratteristiche dell’abitazione di pregio

Come si anticipava in premessa, è anzitutto necessario che l’immobile non rientri nelle categorie catastali A1, A8 e A9, categorie che, dal 2014 in poi, hanno sostituito la tradizionale espressione “case di lusso” in riferimento al calcolo dell’imposta di registro e dell’IVA.

Revoca del beneficio prima casa Agenzia Entrate

Nonostante l’apparente chiarezza normativa, è in realtà molto frequente il contenzioso tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria sulla qualifica da attribuire all’immobile. Succede spesso che, infatti, a seguito dell’opzione operata dal contribuente in relazione al beneficio prima casa, l’Agenzia delle Entrate comunichi la revoca del beneficio, con conseguente impugnazione dell’atto da parte del contribuente di fronte alla Commissione Tributaria competente.

Casa inferiore ai 240 metri quadri

Quanto alle dimensioni dell’immobile, l’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, indica come case di lusso “le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”.

Non vi è dunque dubbio che, ai sensi della disposizione sopra citata, per stabilire se un’abitazione sia di lusso occorre avere riguardo alla “nozione di superficie utile complessiva”, pari a quella che residua una volta detratta “dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto, la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina, in maniera tale che la superficie superi i 240 mq” (Cass. 31 marzo 2017, n. 8421)

Esclusione dalla superficie: Balconi, terrazze, scale, posto auto, muro perimetrale

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, tuttavia, vanno esclusi dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile solo balconi, terrazze, scale e posto auto, e non anche l’intera superficie non calpestabile, afferente ad esempio a mura divisorie e perimetrali.

Con l’ordinanza del 28 giugno 2019, n. 1747, infatti, i giudici supremi hanno rammentato che “in tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa la sua superficie utile va calcolata sottraendo dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801 le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa”.

In altri termini, nonostante le diffusissime doglianze dei contribuenti, la Cassazione ribadisce che nel calcolo della superficie utile vanno computati anche i muri, in linea di continuità con i precedenti orientamenti giurisprudenziali.

Tale decisione vale peraltro a confermare che, nell’ambito delle agevolazioni fiscali, non ha luogo l’interpretazione estensiva delle norme, vigendo, al contrario, il criterio della stretta interpretazione letterale, primo tra quelli previsti dall’art 12 delle Preleggi per l’interpretazione delle norme.

Ne deriva che l’elenco delle superfici da escludere nel calcolo del dato quantitativo è da ritenersi assolutamente tassativo.

Secondo la giurisprudenza, infatti, se il legislatore avesse voluto escludere dal calcolo della superficie utile ai fini fiscali anche i muri divisori e perimetrali, lo avrebbe espressamente previsto, in accordo con l’antico ma valido brocardo latino “ubilexvoluit dixit, ubinoluittacuit”.

Alla stregua di tali principi i giudici, a dispetto di un contenzioso piuttosto folto, hanno continuato a considerare superficie utile anche un locale di sgombero (Cass. n. 10994/2018), un vano deposito (Cass. n. 25674/2013), un seminterrato comprensivo di taverna, bagno e accessori (Cass. n. 10191/2013) nonchéla lavanderia (v. Cass. n. 1178/2016).

Immobile con più unità abitative

La giurisprudenza è tornata ad occuparsi della questione in tempi ancor più recenti, questa volta pronunciandosi su un caso parzialmente diverso: con avviso di rettifica e liquidazione di imposta, l’Agenzia delle Entrate revocava ai contribuenti le agevolazioni fiscali sulla prima casa in ragione della natura di lusso del bene, avente superficie superiore a 240 mq.

I contribuenti eccepivano che il bene oggetto di cessione era, in realtà, composto da due differenti unità abitative e, quindi, provvisto dei requisiti per usufruire dell’agevolazione fiscale.

Ebbene, i giudici di legittimità rammentano come, ai sensi dell’art 40 d.p.r. n. 1142 del 1949, rubricato “unità immobiliare urbana”, “si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”.

Dal combinato disposto con il già citato art.  6 del d. m. 2 agosto 1969, si evince che, ai fini tributari, rileva l’unità immobiliare, “avendo questa Corte, secondo un principio pienamente condiviso dal Collegio, affermato che “Ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi dell’art.6 del d.m. 2 agosto 1969, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati,a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o di singole unità abitative”. (Cassazione, ordinanza n. 7769 del 9 aprile 2020).

Unità immobiliare come principio cardine

Secondo la Cassazione, dunque, i contribuenti avrebbero confuso il concetto di unità abitativa con quello di unità immobiliare, rilevante ai fini dell’applicazione dell’agevolazione richiesta.

Nel caso di specie, infatti, non si sarebbe in presenza di un’unica unità immobiliare in quanto l’abitazione, per come indicata dallo stesso atto di compravendita oggetto di accertamento, risulta contraddistinta da “una porzione immobiliare (…) costituita da un fabbricato per due unità abitative sviluppatesi ai piani terra e primo per complessivi vani 14,5 catastali (…)”.

Ne deriva, dunque, che di fronte ad un’unica unità immobiliare estesa per oltre 240 mq, è del tutto irrilevante la circostanza che essa sia costituita da due distinte unità abitative.

Appartamento in condominio

Ne discende, altresì che anche gli immobili situati in un condominio possono considerarsi di lusso, a nulla rilevando che la casa sia ubicata in un edificio condominiale ovvero rappresenti un’abitazione autonoma.

Ciò che conta è, appunto, la metratura.

A rafforzare la decisione dei giudici vi era, infine, la circostanza che l’abitazione aveva sede in un complesso di ville.

Ancora una volta, quindi, la Cassazione conclude nel senso di considerare abitazioni di lusso, ai sensi dell’art. 6 del DM 2 agosto 1969, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati.

Mancata estensione della sfera applicativa

Ciò, ancora in considerazione della portata favorevole dell’agevolazione fiscale, in quanto tale non suscettibile di interpretazioni analogiche o comunque idonee ad ampliarne la sfera applicativa.

In buona sostanza, dunque, l’agevolazione va mantenuta entro gli stringenti limiti contenuti nel DPR n. 131 del 1986, ove il beneficio fiscale è subordinato all’acquisto di case di abitazione prive delle caratteristiche del lusso, come indicate dal DM 2 agosto 1969.

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