Rischio esplosione: rivelatori di gas nella prevenzione degli infortuni
Nel contesto normativo della sicurezza sul lavoro, in particolare nei luoghi in cui sussistano atmosfere potenzialmente esplosive (atex), la figura del datore di lavoro riveste un ruolo centrale e non derogabile.
L’obbligo di valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio esplosione trova la propria disciplina principale nel D.Lgs. 81/2008, che all'art. 17, co. 1, lett. a), impone al datore di lavoro la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), cui si affianca, in ambito atex, il Documento sulla Protezione contro le Esplosioni (DPCE), previsto dall’Allegato XLIX del medesimo decreto.
Tali obblighi sono integrati da normative tecniche e regolamenti europei, tra cui le Direttive atex 2014/34/UE e 99/92/CE, volte a garantire che tutti gli impianti potenzialmente soggetti a rischio di esplosione — tra cui le centrali termiche — siano progettati, realizzati e manutenuti in modo da eliminare o ridurre al minimo il pericolo.
In questo contesto, l’adozione e il corretto funzionamento dei rivelatori di gas assume rilevanza giuridica essenziale.
Non si tratta di una mera componente tecnica: la loro assenza, inadeguatezza o disattivazione può incidere direttamente sulla responsabilità penale del datore di lavoro, configurando omissione colposa ai sensi degli articoli 40 e 589 c.p., qualora si verifichino eventi lesivi o letali, anche in concorso ex art. 41 del codice penale con condotte del lavoratore o di terze imprese intervenute sul luogo di lavoro.
Il rivelatore gas: presidio tecnico e giuridico nella prevenzione del rischio
Come correttamente sottolineato nel contributo tecnico acquisito con l’esperienza in processi relativi a infortuni o decessi a seguito di incidenti sul lavoro, il rivelatore di gas rappresenta uno degli strumenti più efficaci per il controllo del rischio ATEX in ambienti ad elevata pericolosità, come le centrali termiche.
Questi dispositivi, permanentemente installati, consentono il monitoraggio continuo della concentrazione di gas infiammabili (es. metano), attivando allarmi e sistemi automatici di spegnimento o ventilazione prima che si raggiungano le soglie critiche (LEL - Lower Explosive Limit o LIE limite inferiore di esplosività Soglia di allarme 9%).
La normativa tecnica (UNI EN 60079-29-1 e -2) prescrive requisiti precisi in materia di progettazione, installazione e manutenzione dei rivelatori. Ma la loro importanza travalica l’ambito tecnico, assumendo rilievo decisivo nella qualificazione della condotta del datore di lavoro sotto il profilo della responsabilità penale, soprattutto qualora l'evento dannoso si verifichi in un contesto in cui il sistema di rilevazione risulti mancante, disattivato o malfunzionante.
Il principio dell’area del rischio
La Cassazione penale, Sez. 4, con sentenza n. 49373 del 5 ottobre 2018, ha affrontato con particolare chiarezza il tema del comportamento del lavoratore in relazione alla responsabilità del datore di lavoro.
In essa si afferma un principio cardine: la condotta imprudente del lavoratore può ritenersi interruttiva del nesso causale solo se si colloca al di fuori dell’area di rischio governata dal datore di lavoro.
In altre parole il committente/datore di lavoro è esonerato solo se è il lavoratore che introduce un rischio totalmente diverso da quello proprio dell’attività lavorativa.
Il caso affrontato, infatti, attraverso una persuasiva tesi dell'Avvocato, ha portato i giudici a ritenere che: "nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che eventualmente abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondursi alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del lavoratore, con la conseguenza che una condotta, anche avventata, del lavoratore, se realizzata mentre egli è dedito al lavoro affidatogli, può essere invocata come imprevedibile o abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto a tutti gli obblighi impostigli in materia di sicurezza.".
Ed ancora: "l'eventuale condotta imprudente della vittima degradata a mera occasione dell'infortunio, ed è perciò giuridicamente irrilevante" (Sez. 6 civ., n. 8988 del 2020).
La Corte ha precisato che “l’interruzione del nesso di condizionamento a causa del comportamento imprudente del lavoratore richiede che la sua condotta si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso”. In altri termini, perché la responsabilità penale del datore di lavoro possa ritenersi esclusa, non è sufficiente dimostrare l’imprudenza o l’incoscienza del lavoratore: occorre che tale condotta sia del tutto eccentrica rispetto al rischio lavorativo tipico.
Applicando tale principio al contesto delle centrali termiche, appare evidente che la mancata installazione di dispositivi di sicurezza (come un rivelatore gas) da parte del Committente che ha ricevuto espresse indicazioni in tal senso, non può che portare alla responsabilità dello stesso.
La non delegabilità della sicurezza nella catena di responsabilità
Il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia, che comporta l’obbligo non solo di fornire dispositivi tecnici di prevenzione, ma anche di garantirne il corretto funzionamento, verificarne la manutenzione, e assicurare che i lavoratori siano formati sull’uso corretto degli stessi.
Nel caso in cui una ditta terza (ad esempio l’impresa di manutenzione) rispetto al committente (o terzo responsabile) si trovi a lavorare, anche in ipotesi volontariamente, senza un rivelatore gas, ciò non integra di per sé una condotta autonoma e imprevedibile, se il datore di lavoro non ha vigilato sullo stato dell’impianto e non ha assicurato che il presidio tecnico fosse funzionante, indispensabile e irrinunciabile nella catena della sicurezza.
Come ribadito dalla Cassazione, l’eventuale “scelta incauta del lavoratore” di escludere il dispositivo di sicurezza “comunque insufficiente”, non interrompe il nesso causale (e nemmeno quello concausale) tra l’evento e l’omissione datoriale, se il rischio di tale condotta era prevedibile e insito nella natura del processo produttivo.
Alla luce di quanto esposto, si possono trarre alcune considerazioni conclusive:
- Il rivelatore gas non è solo un'opzione tecnica, ma un presidio giuridico il cui corretto funzionamento è elemento costitutivo della diligenza datoriale.
- L’omessa installazione, manutenzione o vigilanza sul funzionamento dei dispositivi ATEX integra una violazione grave degli obblighi di sicurezza, che può determinare la responsabilità penale del Committente e terzo responsabile in caso di infortunio o esplosione.
- La condotta del lavoratore o una ditta terza che intervenga sui luoghi di lavoro in assenza del rivelatore gas, di per sé, non è illecito, salvo che si tratti di un comportamento totalmente anomalo e imprevedibile, tale da uscire dall’“area di rischio” che il datore è chiamato a presidiare.
- La giurisprudenza penale è costante nel ritenere che il committente e terzo responsabile non possa esimersi dalle proprie responsabilità invocando la condotta imprudente del lavoratore, qualora egli abbia accettato situazioni di rischio, anche solo per omissione di installazione del rivelatore gas.
In definitiva, nell’ambito delle centrali termiche e, più in generale, in tutti i contesti in cui vi sia rischio di formazione di atmosfere esplosive, la sicurezza non può essere affidata al caso o alla diligenza del singolo lavoratore.
È dovere indeclinabile del datore di lavoro governare il rischio in tutte le sue declinazioni, dalla progettazione alla formazione, dalla scelta dei dispositivi alla loro manutenzione. Solo così si potrà parlare, a pieno titolo, di prevenzione effettiva e di responsabilità consapevole.