Amianto ed Omicidio Colposo del Datore di Lavoro
L'eternit ha fatto tante vittime, soprattutto nei grandi centri di lavoro ed industrie. Di seguito il processo per omicidio colposo di un operaio di fabbrica il cui caso si aggroviglia alle maglie infami delle fibre di amianto .
Vincenzo è un padre di famiglia di circa 50 anni.
Da anni opera quale imprenditore nel settore della meccanica di precisione ed ha un’azienda nella quale trascorre la maggior parte del suo tempo.
Insomma, tra famiglia e lavoro, Vincenzo è un uomo che non può certo perdersi in chiacchiere.
Nonostante sia un uomo serio e zelante, viene coinvolto in una situazione molto spiacevole e ne diventa imputato.
Accusa di Omicidio Colposo Eternit
Vincenzo si trova nella sua azienda quando, in quello che crede un giorno qualunque, gli viene notificato un avviso di garanzia.
Leggendolo, l’uomo apprende di essere accusato della more di un lavoratore, che - in effetti – si ricorda essere avvenuta poco tempo addietro.
L’uomo deceduto era, infatti, un suo dipendente, un ingegnere con cui collaborava da anni.
La moglie, rimasta vedova con due figli da crescere, ora chiedeva la condanna penale di Vincenzo e un cospicuo risarcimento del danno per perdita del rapporto parentale.
Insomma, leggendo l’avviso di garanzia, Vincenzo comprende immediatamente di essersi imbattuto, suo malgrado, in una triste vicenda.
Vincenzo non si dà pace: questo avviso di garanzia lo sconvolge letteralmente.
L’imputato, infatti, si rende conto dell’enorme portata del problema, che può costargli una condanna penale per omicidio colposo.
L’accusa che gli viene mossa, infatti, è quella di aver provocato colposamente la morte del suo dipendente-ingegnere, per non aver predisposto tutte le misure atte a prevenire infortuni, malattie professionali e morti sul lavoro.
In particolare, lo si accusa di avere causato la morte del lavoratore per non avere adottato le opportune cautele atte a limitare o evitare l’esposizione di quest’ultimo ad una sostanza notoriamente cancerogena: l’amianto.
Anche la vita relazionale dell’imputato subisce una forte scossa. Inizia a montare rabbia ed essere nervoso sul lavoro, scaricando le frustrazioni in modo sbagliato.
Non solo, si incrinano anche i rapporti con i parenti, in particolare con il figlio, che da anni collabora con lui in azienda.
Vincenzo lo coinvolge nelle sue vicissitudini e lo accusa di essere stato – forse? – troppo leggero nella verifica del rispetto, all’interno dell’azienda, della normativa antinfortunistica.
Avvocato Penalista Eternit ed Amianto - Omicidio Colposo
Proprio su consiglio del figlio, l'indagato decide di rivolgersi ad un buon Avvocato Penalista.
Questi è un esperto della materia di eternit, amianto e norme per la sicurezza sul lavoro,in relazioni a morti di lavoratori asseritamente provocate dall’esposizione all’amianto.
L’avvocato, esaminata la situazione, anche con un perito di parte, rincuora l'imputato: sarà possibile controbattere alle accuse mosse all’uomo per cercare di ottenere la sua piena assoluzione.
Oltre a raccogliere tutte le prove che documentano la reale portata dell’esposizione del lavoratore deceduto all’amianto, si organizza un’ottima difesa penale basata su argomentazioni giuridiche logiche e razionali.
Il dato da cui parte la difesa è proprio la scarsa esposizione del lavoratore deceduto all’amianto: e, infatti, l’avvocato penalista non contesta che in azienda tale esposizione sia effettivamente avvenuta – circostanza questa adeguatamente provata dalla controparte – ma che essa sia, per il caso specifico, una esposizione di lievissima entità.
A sostegno del fatto che difficilmente una scarsa esposizione all’amianto può provocare il cancro ai polmoni – malattia che aveva provocato la morte dell’ingegnere persona offesa dal contestato reato – si porta all’attenzione dei giudici diversi studi e ricerche scientifiche che documentano proprio questo dato.
Avvocato Indagini difensive
Altra circostanza emersa nel corso delle indagini preliminari della difesa è il tabagismo abituale della vittima: l’avvocato prova che quest’ultimo fumava già da quando era appena maggiorenne!
E, la difesa porta all’attenzione dei giudici altrettanti studi e ricerche scientifiche che documentano come il tabagismo sia, non solo tra i fattori di rischio del cancro ai polmoni, ma addirittura una delle prime cause scatenanti.
Insomma, per la difesa, la morte dell’ingegnere, lavoratore dipendente presso la ditta, è avvenuta non per esposizione all’amianto (esposizione particolarmente scarsa e irrilevante da un punto di vista clinico) ma a causa del tabagismo precoce e assiduo dell’uomo.
Pertanto secondo la difesa manca la prova del nesso causale che necessariamente deve legare l’azione od omissione (mancata predisposizione delle misure atte a limitare o evitare l’esposizione dei lavoratori a sostanze cancerogene come l’amianto) del soggetto-agente del reato all’evento (morte del lavoratore).
La Procura e l'Accusa di Omicidio Colposo
Per la Pubblica accusa l’uomo è responsabile del reato di cui all’articolo 589 del Codice penale, che sanziona l’omicidio colposo, al comma primo, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e, al comma secondo, elevando la pena della reclusione (da due a sette anni) “se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
La Corte di Cassazione assolve in via definitiva Vincenzo, accogliendo la tesi dell’avvocato di quest’ultimo.
Partendo dal dato incontrovertibile e ormai scientificamente dimostrato che l’amianto è una sostanza cancerogena responsabile del cancro ai polmoni, la Corte ritiene – tuttavia – che in questo caso l’esposizione non sia di rilevante entità.
Inoltre, secondo gli ermellini, il cancro ai polmoni che ha causato la morte del lavoratore è una malattia multifattoriale e, stante il principio di necessaria causalità tra condotta (azione ed omissione del soggetto agente) ed evento (morte del lavoratore) di cui all’articolo 40 del Codice penale rubricato proprio “Rapporto di causalità” per affermare che a determinarne l’insorgenza nel lavoratore del cancro ai polmoni è stata l’esposizione all’amianto è necessario dimostrare che il tumore non è stato determinato in via esclusiva dal tabagismo.
E, infatti, l’articolo 40 del Codice penale recita testualmente: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non e' conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Assoluzione Omicidio Colposo Eternit
In altre parole, nel caso di specie, la Suprema Corte ritiene che il cancro che ha portato alla morte il lavoratore deve essere attribuito al fatto che il soggetto fosse un fumatore abituale e non all’esposizione – non elevata – all’amianto.
Secondo la Corte, neppure può riconoscersi la rilevanza, nello sviluppo della malattia, del cosiddetto “effetto acceleratore”, in quanto non esiste una legge scientifica di copertura universalmente accettata che dimostri che, qualora un tumore insorga per altre cause, poi si sviluppi più velocemente o, comunque, meno lentamente, per via di fattori secondari quali l’esposizione all’amianto.
Tale effetto acceleratore va quindi accertato e provato caso per caso e valutato su prudente apprezzamento del giudice, ma tale circostanza non è stata provata dalla pubblica accusa nel caso in esame.
Per questi motivi, Vincenzo viene definitivamente assolto dall’accusa di omicidio colposo e può finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Tali conclusioni sono state trasfuse anche in sentenza di Cassazione penale del 7 aprile 2021, che è anche occasione per la Corte per ribadire alcuni importanti principi in materia di rapporto di causalità.
Il processo dal punto di vista penale rileva anche sotto il fattore risarcitorio e della responsabilità civile.