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Morte Elettricista per Caduta dal Tetto

Un processo per omicidio colposo commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre una situazione difficile sia per i famigliari della vittima che del datore di lavoro. Di seguito la vicenda della morte di un elettricista caduto dal tetto.

Uno dei dipendenti di una ditta del Lazio, con la qualifica di elettricista manutentore, viene inviato dal titolare presso un capannone con il compito di installare dei faretti, da posizionare ad un’altezza di circa 6 metri.

Prima di mettersi all’opera, l’elettricista compie un sopralluogo per prendere visione delle caratteristiche del lavoro e, salito sul cestello dell’elevatore, si lascia trasportare dal braccio meccanico fin sopra al tetto del capannone, composto da sottili lastre di fibrocemento che servono a ricoprirne l’intelaiatura.

Egli deve capire da dove agire per procedere con l’installazione, se cioè servirsi unicamente del cestello o se è necessario posizionarsi sul tetto.

Ogni incarico presenta degli elementi di rischio (DVR - Valutazione dei rischi), del resto è un elettricista specializzato in impianti industriali, ma in questo caso sarà indispensabile operare in condizioni piuttosto scomode, perché la centralina e i cavi che utilizzerà l’indomani sono posti in punti quasi inaccessibili.

Il giorno dopo, l’elettricista prende le attrezzature che ritiene necessarie e si reca presso il capannone.

Sale con l’elevatore sul tetto per posizionare i fili ma, per circostanze del tutto fortuite, dopo qualche minuto le lastre di eternit che ricoprono il tetto si sfondano ed egli precipita a terra morendo in seguito al rovinoso impatto.

Dalla condanna all’assoluzione per Omicidio Colposo

In primo grado, i datori di lavoro dell’elettricista erano stati assolti dai reati previsti per omicidio colposo con l’inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro ma la Corte di Appello di Roma, adita dalla parte civile, ha riformato la sentenza del Tribunale di Rieti, sezione distaccata di Poggio Mirteto, condannando gli imputati al risarcimento dei danni.

La Corte di Cassazione assolve gli imputati perché il fatto non sussiste.

Si dibatte sul ruolo del Lavoratore

La Procura, a mezzo del PM, contesta agli imputati, rispettivamente amministratore unico della ditta alle cui dipendenze lavora l’elettricista e responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei lavoratori della società, il reato di cui agli artt. 113 e 590 commi 1 e 3 c.p. e il reato di cui agli 113 c.p., 70 e 77 lett. b) D.P.R. 164/56, per aver omesso di predisporre i necessari accorgimenti di sicurezza prima di far utilizzare il piano di copertura del capannone come piano di lavoro dall’elettricista, cagionandone la caduta e le conseguenti lesioni.

Gli imputati lamentano invece che la causa dell'infortunio è da imputare esclusivamente al comportamento negligente, avventato, imprudente e abnorme della vittima.

In particolare, essi avrebbero effettuato il sopralluogo prima di affidare l’incarico al lavoratore e avrebbero impartito le necessarie disposizioni e disposto le necessarie misure di sicurezza.

Il lavoratore deve tenere un comportamento prudente

Per la Corte di Cassazione che riesamina la vicenda, la Corte di Appello avrebbe travisato i fatti dedotti nell’istruttoria, innanzitutto ritenendo erroneamente che per il corretto posizionamento dei faretti fosse indispensabile salire sul tetto.

Il punto focale è se vi era la necessità o meno di salire sul tetto e se di questa esigenza la vittima ne aveva parlato con il responsabile del servizio prevenzione e protezione dei lavoratori.

Tuttavia, le testimonianze sono state concordi nell’affermare che i faretti dovevano essere installati nella parte frontale del capannone e che sia la presa della corrente cui collegarli che i cavi erano presenti sulla parte frontale, cosicché non vi era alcuna necessità di salire sul tetto, ma si poteva usare unicamente l’elevatore per portare a termine il lavoro.

Standard di sicurezza Cestello elevatore

Il tecnico aveva poi rilevato che il cestello elevatore rispettava gli standard di sicurezza in relazione al lavoro da effettuare e che la ditta titolare aveva messo a disposizione l’operaio per le manovre.

Inoltre, le prove hanno evidenziato come l’elettricista dopo aver effettuato il sopralluogo avesse telefonato al titolare esponendogli il lavoro da fare e richiedendogli le attrezzature a ciò necessarie.

Il titolare, gli disse di operare solo nelle parti del capannone meno impervie e di rimandare gli altri lavori.

Dunque, nessuna responsabilità può essere addebitata ai due imputati se l’elettricista esperto cui era stato affidato un lavoro da svolgersi in sicurezza attraverso un elevatore decide di salire sul tetto e camminare su sottili lastre di eternit che non riescono a reggere il peso di un uomo per più di qualche secondo.

Secondo la Cassazione, nessuna fornitura di dispositivi di sicurezza idonei, o vigilanza sul loro corretto uso da parte del datore di lavoro, può sopperire alla mancanza di collaborazione da parte del lavoratore che mette in pratica un comportamento assolutamente imprevedibile e imprudente.

Assoluzione per gli imputati da Omicidio Colposo

Dunque, ritenendo l’assenza di colpa degli imputati, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di Appello che li aveva condannati per omicidio colposo, per farli assolvere in quanto il fatto non costituisce reato, annullando altresì tutte le conseguenti statuizioni in ordine al risarcimento del danno nei confronti della parte civile.

Rischio esorbitante dalla sfera del titolare

Tali provvedimenti sono stati adottati sulla scorta del principio di diritto secondo il quale in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

Valutazione del comportamento del lavoratore

La giurisprudenza in materia di antinfortunistica è mutata.

Inizialmente si valutava con molto rigore l’obbligo di vigilanza contro i rischi connessi alla funzionalità degli strumenti di sicurezza e al loro corretto uso.

Attualmente, viene riconosciuto un maggiore peso alla responsabilità del lavoratore, che deve collaborare con il datore di lavoro nella prevenzione degli infortuni (spirit of cooperation with the employer) non facendo affidamento unicamente sulla esistenza di strumenti antinfortunio, ma tenendo una condotta prevedibile, prudente e diligente.

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