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La Separazione per la moglie Casalinga: casa coniugale

La crisi coniugale data dalla separazione è un momento dell’esistenza in cui si è chiamati a ridisegnare la propria vita, le proprie abitudini e le proprie convinzioni.

Ci si riappropria, volutamente o non, di quella vita da single che si era abbandonata tempo prima, si ritorna ad uscire la sera, ad essere mondani, a non voler restare a casa a consumare, la sera, un veloce pasto magari sul divano.

Può darsi che tale scelta sia maturata e presa in maniera consapevole, dopo lunghe riflessioni, oppure che sia subìta, che ci colpisca come un fulmine a ciel sereno e ci costringa ad affrontare un cambiamento che non volevamo.

Tale momento di rottura non incide sempre allo stesso modo sulle vite dei coniugi; le reazioni e le difficoltà saranno differenti a seconda dell’età, della longevità del rapporto, della presenza dei figli ed eventualmente della loro età, nonché delle condizioni economiche della coppia prima, e dei singoli poi.

Particolarmente dura è la situazione di chi, dopo aver trascorso una vita dedicata interamente alla famiglia, alla cura dei figli e del marito, si trovi improvvisamente a dover ricominciare, a dover immaginare una vita diversa, senza il proprio marito, senza le condivisioni e le certezze sino ad allora presenti.

Una vita dedicata ai figli e poi la Separazione

Questa è la storia di una donna, che improvvisamente si è trovata ad affrontare un abbandono (separazione), la fine della vita matrimoniale, la fine di ogni agiatezza e il carico di responsabilità derivato dal dover continuare a crescere le proprie tre figlie da sola.

Tuttavia, quando ci si separa e fallisce il progetto di vita famigliare che si era disegnato insieme, difficilmente le colpe e le responsabilità possono pendere tutte dalla stessa parte.

Ci si unisce e ci si dice addio insieme, anche se spesso è un coniuge che spinge l’altro verso determinate decisioni.

La moglie e mamma, pur avendo dedicato la propria vita alla famiglia, non poteva dirsi esente da torti.

E infatti, ella aveva intrattenuto una relazione extraconiugale, così come aveva fatto il marito, per poi decidere di fare un ulteriore, estremo ed ultimo tentativo di salvare quella bozza di vita felice che da tempo era svanita.

Come tutti sanno, però, quello che oramai è rotto difficilmente può tornare ad essere integro.

E come nei casi di migliaia di nuclei famigliari, anche per la famiglia i tentativi di ricomposizione di ciò che era definitivamente sfaldato sono risultati tutti vani e, come avviene anche nelle coppie migliori, ci si ritrova dinanzi al giudice a discutere di alimenti.

Il tentativo di riconciliazione dunque falliva.

Nel caso di specie, ci si è ritrovati a discutere dell’addebito e della volontà di lui, il quale, ancorché possedesse un patrimonio milionario, manifestava l’intenzione di non dare alla moglie neanche un euro, arrabbiato e deluso dall’aver scoperto che la donna, dopo avergli rappresentato l’intenzione di provare a ricostruire un rapporto con lui, aveva nel frattempo portato avanti la precedente relazione extraconiugale.

Ne derivava una battaglia legale senza esclusione di colpi.

Richiesta di separazione, casa famigliare, affidamento dei figli

Ad un certo punto la donna si determinava a chiedere la separazione personale. Ed infatti con l'Assistenza Legale di unAvvocato specializzato in cause di diritto di famiglia e separazione domandava che le venisse assegnata la casa famigliare, di cui era proprietaria per il 50%, l’affidamento delle tre figlie minorenni, nonché assegno mensile di mantenimento per sé e per le figlie.

Costituitosi in giudizio, il marito chiedeva viceversa che la separazione venisse addebitata alla moglie, in ragione della sua relazione extraconiugale protrattasi anche nella fase del loro riavvicinamento, dichiarandosi disponibile a corrispondere un mantenimento di importo pari a euro 1.200,00 soltanto in favore delle figlie.

All’esito del giudizio, il Tribunale stabiliva a carico dell’uomo un assegno mensile sia per le figlie, in misura di Euro 600,00 per ciascuna, che per la moglie, di importo pari a Euro 800,00 mensili.

La donna, non soddisfatta dei risultati ottenuti, proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla Corte d’Appello, ottenendo l’aumento per il mantenimento delle figlie sino a Euro 1.000,00, nonché l’aumento per il proprio mantenimento sino a Euro 1.200,00.

Detta pronuncia veniva impugnata dal marito innanzi alla Corte di Cassazione.

Violazione dovere di fedeltà ex articolo 143 del codice civile

L’uomo, nel ricorso alla Suprema Corte, lamentava diversi punti.

Anzitutto, insisteva per la pronuncia di addebito della separazione alla moglie, con conseguente venir meno del suo diritto all’assegno di mantenimento, in quanto resasi responsabile della violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 143 c.c.

Importo mantenimento figli

Censurava, inoltre, la scelta della Corte d’appello di non valutare le differenze tra le figlie e le relative esigenze reali delle stesse, differenziate l’una dall’altra in ragione della loro età e delle loro differenti abitudini di vita, scegliendo invece di determinare l’importo per ciascuna in maniera forfettaria e non rispettosa dei parametri di cui all’articolo 155 del codice civile.

Si invocava altresì la modifica del superiore importo, in quanto, ad avviso della difesa dell’uomo, questo era stato calcolato non tenendo conto dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie, circostanza questa che avrebbe invece dovuto determinarne la riduzione, poiché lo aveva costretto ad una spesa ulteriore per poter avere un’abitazione; considerando inoltre che, sommando gli importi degli assegni di mantenimento si otteneva una somma maggiore rispetto al reddito netto dell’obbligato.

Ciò poteva desumersi, come affermato nel ricorso, dalla consulenza tecnica di parte non adeguatamente valutata dal giudice di secondo grado, affidatosi per la sua decisione alla sola CTU, ossia la consulenza tecnica d’ufficio.

Alla luce dei superiori rilievi, si chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Bologna.

20 anni di vita da Casalinga - Difesa Avvocato per la Separazione

La moglie resisteva con controricorso, nel quale rappresentava di aver dedicato venti anni di vita alla famiglia, ivi compreso il marito e che, avendo sacrificato le proprie aspirazioni professionali, si trovava nell’impossibilità di essere economicamente indipendente, indi per cui reiterava le istanze già formulate in primo e secondo grado in ordine al mantenimento.

La Suprema Corte, in maniera tranchant, ha rigettato tutte le censure avanzate dalla difesa dell’uomo, specificando punto per punto le ragioni dell’impossibilità di accogliere il ricorso.

In primo luogo, la Corte ha osservato l’inconferenza della richiesta di addebito formulata dal ricorrente; difatti, la suddetta richiesta veniva fondata sulla circostanza dell’asserita infedeltà della moglie nel periodo di circa 2 anni, lasso di tempo in cui la crisi coniugale era già intervenuta e si tentava una riconciliazione.

A tal proposito si è osservato come, avendo il ricorrente scelto di rinnovare la comunione spirituale e fisica con la moglie, divenivano irrilevanti tutti i comportamenti pregressi dell’uno e dell’atro e, in riferimento all’adulterio perpetrato successivamente, la difesa dell’uomo non aveva dato alcuna prova da cui potesse verosimilmente evincersi la verità di tale circostanza.

Anche in relazione alla determinazione dell’assegno di mantenimento, la Suprema Corte ha evidenziato le ragioni della Corte territoriale e l’infondatezza delle censure del ricorrente. 

È stata invero ritenuta corretta la pronuncia del giudice a quo, allorchè questo ha evidenziato che l’importo del mantenimento delle figlie va individuato sulla base della situazione personale ed economica dei genitori, correlando ad essa le esigenze delle figlie, che, nel caso in questione, potevano aspirare ad un livello di vita elevato, stante la grande consistenza patrimoniale paterna.

Richiamando precedente giurisprudenza, si è sottolineata che le condizioni economiche dei genitori hanno rilievo non soltanto per indicare proporzionalmente il contributo per i figli, a carico di ciascuno di essi, ma anche in funzione diretta del soddisfacimento delle esigenze dei figli stessi, posto che bisogni, aspirazioni e più in generale prospettive di vita risentono necessariamente dell'ambiente economico-sociale in cui si collocano le figure dei genitori.

Tenore di vita della famiglia

In altri termini, al fine di valutare le necessità contributive dei figli, deve anche tenersi conto dell’ambiente sociale in cui sono inseriti, come correttamente fatto nel giudizio di secondo grado, in cui si era tenuto conto dell’alto tenore di vita goduto dalle bambine in costanza di matrimonio.

Anche in relazione alle statuizioni riguardanti la moglie, la donna è uscita vincitrice su tutti i fronti, sia per ciò che riguarda l’assegnazione della casa, che per l’importo del mantenimento.

La Corte di Cassazione ha infatti richiamato la ratio dell’assegnazione della casa coniugale, che deve tener conto dell’esigenza di non alterare in maniera drastica le abitudini di vita delle figlie, già notevolmente modificate a causa della separazione tra i genitori, per cui si rende indispensabile assegnare la casa al coniuge cui è stata attribuita la coabitazione con la prole, così da evitare anche un doloroso trasferimento.

Chiarita la correttezza di tale assegnazione, si è altresì confermato l’importo del mantenimento.

E infatti, a seguito della consulenza tecnica d’ufficio, il patrimonio del marito è risultato ammontare a quasi quattro milioni di euro, mentre la moglie è risultata essere proprietaria della metà della casa coniugale e di una fiat punto di modico valore, nonchè titolare di un deposito di conto corrente di Euro 334,04.


Considerato inoltre che la vita matrimoniale, durata circa vent'anni, trascorsa accudendo le figlie e il marito e la casa, aveva reso la donna inidonea a produrre reddito, si è confermato l’importo dell’assegno, vista la notevole sproporzione tra i patrimoni personali dei coniugi.

Cassazione, sentenza n. 18618/2011


 

La donna che per vent’anni abbia dedicato la sua vita al marito e ai figli, in sede di separazione ha diritto all’assegno di mantenimento, non essendo più in grado di produrre reddito.

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