Risarcimento errata prescrizione del farmaco Tacrolimus
La tragica vicenda sanitaria del sig. Mario Verdi rappresenta un chiaro esempio di responsabilità medica, culminato in un evento letale che ha profondamente segnato i suoi familiari.
Tutti i nomi sono di pura fantasia.
L’errata prescrizione del farmaco immunosoppressore Tacrolimus (Tacni) da parte del medico curante di base convenzionato con l'Asl (nel comune di Ardea, a ridosso di Roma), Dott. Luigi Rossi, ha avuto effetti devastanti sull’equilibrio clinico di un paziente già fragile, sottoposto a trapianto renale.
Nel giro di pochi mesi, il paziente ha sviluppato gravi infezioni sistemiche, un rapido peggioramento delle condizioni generali e infine è deceduto.
Inquadramento clinico pregresso
Il sig. Verdi soffriva di insufficienza renale cronica dal 2008, con trattamento dialitico regolare per oltre otto anni.
Nel luglio 2016 fu sottoposto a trapianto renale da cadavere presso un importante Ospedale pubblico San Camillo di Roma.
L’intervento fu tecnicamente riuscito, ma il decorso post-operatorio fu complicato da diarrea, difficoltà urinarie e infezione vescicale, rendendo necessaria la ripresa della dialisi.
Venne impostata una terapia immunosoppressiva calibrata: Tacrolimus 0,5 mg x 2 die.
L’errore di prescrizione dal medico di base
Il 12 settembre 2016, il Dott. Rossi, medico di medicina generale del paziente, prescrisse erroneamente Tacrolimus da 5 mg, da assumersi in due somministrazioni giornaliere.
Ciò comportò un’assunzione giornaliera di 10 mg, ovvero molte volte la dose terapeutica prevista dal piano terapeutico degli specialisti dei trapianti.
Tale errore ha impattato sulla cura farmacologica per circa un mese, durante il quale il sig. Verdi iniziò a manifestare sintomi gastrointestinali, tremori, febbre e malessere generale, tipici della immunosoppressione eccessiva.
A partire dall'autunno del 2016, il quadro clinico del sig. Verdi precipita.
L’eccessiva immunosoppressione causata dall'errore terapeutico produsse una serie di effetti collaterali gravi e concatenati, clinicamente accertati nella consulenza tecnica. Comparvero innanzitutto disturbi gastrointestinali importanti, con diarrea cronica, vomito ricorrente, ipoalimentazione e dimagrimento rapido.
Successivamente, si sviluppano infezioni sistemiche gravi da Citomegalovirus e Candida Albicans, responsabili di una esofagite erosiva, gastrite cronica, enterocolite, duodenite, oltre che una sospetta epatopatia tossico-disfunzionale con fibrosi epatica progressiva.
Contestualmente, l’organismo del paziente mostrava segni di deperimento organico severo: anemia cronica, ipoalbuminemia, ascite diffusa, splenomegalia, sofferenza respiratoria, tremori accentuati, convulsioni e riacutizzazione della sindrome epilettica preesistente.
Gli esami evidenziarono rigetto del rene trapiantato, con sospensione definitiva del Tacrolimus nel marzo 2017.
A quel punto fu ripristinata la dialisi trisettimanale, ma il quadro clinico risultava ormai compromesso.
Nei mesi successivi, il paziente subì ricoveri ripetuti per subocclusioni intestinali, episodi di febbre resistente, perdita di tono muscolare e cachessia.
La compromissione neurologica e il quadro depressivo reattivo peggiorarono progressivamente, sino a condurlo a uno stato di invalidità totale e poi alla morte, avvenuta nel 2019 dopo un lungo e doloroso decorso.
Il rigetto del trapianto e il ritorno alla dialisi
Il rigetto acuto del rene trapiantato fu accertato nel luglio 2017 da un ecocolordoppler, che mostrava assenza di flusso vascolare, ipertrofia parenchimale e perdita della differenziazione cortico-midollare.
I nefrologi confermarono l’inefficacia irreversibile del trapianto, che fu mantenuto in situ per evitare ulteriori complicanze, ma cessò ogni funzione filtrante. La ripresa della dialisi fu inevitabile.
Il paziente dovette essere sottoposto a nutrizione parenterale totale (NPT), trattamenti endovenosi, sedute frequenti di emodialisi e terapia antibiotica, antivirale e antifungina.
Nonostante le cure, sviluppò ipertensione resistente, disfunzione multiorgano e un profondo decadimento psico-fisico.
Il decesso e la perizia medico-legale
Nel 2019, il sig. Verdi si spense dopo un lungo periodo di agonia clinica.
La relazione medico-legale del consulente d'ufficio ha stabilito con elevata probabilità scientifica un nesso causale diretto tra:
l’erroneo sovradosaggio del farmaco immunosoppressivo;
la conseguente immunodepressione estrema;
le infezioni sistemiche;
l’insufficienza multiorgano;
il rigetto renale;
e, infine, il decesso.
Tale nesso è pienamente sufficiente in sede civile, dove si applica il criterio probatorio del "più probabile che non", a differenza del diritto penale che richiede (una maggiore) certezza oltre il ragionevole dubbio.
Risarcimento dei familiari: voci e criteri di quantificazione
I congiunti del sig. Verdi – in particolare la moglie, i figli e gli altri familiari – si sono rivolti all'Avvocato Buccilli.
Dallo studio dei documenti sottoposti dal cliente lo Studio Legale si è da subito accorto che i soggetti in questione sono legittimati ad agire sia iure proprio che iure hereditatis, ai sensi degli artt. 2043, 2059 e 1223 c.c., per ottenere un risarcimento integrale dei danni subiti. Le voci di danno sono le seguenti:
➤ Danno biologico terminale (jure hereditatis)
È il danno biologico e morale subito dalla vittima tra il momento dell’errore e il decesso, in questo caso oltre 1 anno di sopravvivenza post-errore, caratterizzati da un dolore continuo, invalidità totale, ricoveri ospedalieri, trattamenti invasivi e perdita completa dell’autonomia personale.
📌 Quantificazione: in presenza di un periodo di agonia protratto, la somma dovuto a titolo di danno catastrofale ammonta ad euro 1.000.512,00 euro, a cui va aggiunto l’importo (sotoo dettagliato) per invalidità temporanea.
➤ Danno biologico temporaneo
📌 Quantificazione: A pagina 38 dell’elaborato peritale il CTU accerta 360 giorni con invalidità temporanea assoluta (ITA), e 540 giorni con invalidità temporanea al 50% (ITP).
Per i predetti complessivi 360 giorni deve, quindi, essere applicato l'importo tabellare (tabella D) di euro 128,07 al giorno (pag. 13, paragrafo 60, tabelle di Roma 2023):
Si perviene, quindi, per questo segmento (ITA), all'importo complessivo di euro (360x128,07=) 46.105,20.
Analogo calcolo, ma con intensità minore, va operato per la invalidità temporanea parziale al 50% (ITP) per 540 giorni (x 64,035 euro), ottenendo un valore tabellare di euro 34.578,90.
➤ Danno da perdita del rapporto parentale (jure proprio)
Riguarda il trauma subito dai familiari per la perdita del legame affettivo, in particolare coniuge, figli, fratelli o conviventi more uxorio. L'affetto, la cura reciproca e la convivenza stabile rafforzano il diritto al ristoro.
📌 Quantificazione: per un coniuge o compagno convivente, può oscillare da € 168.250 a € 336.500, per ciascun familiare, secondo i parametri delle tabelle del Tribunale di Roma o Milano (2025).
➤ Danno patrimoniale
Include:
Spese mediche documentate: trattamenti sanitari, dialisi, farmaci, nutrizione artificiale;
Spese di assistenza domiciliare o infermieristica;
Spese funerarie;
Eventuale danno da perdita di contribuzione familiare (se il paziente contribuiva al reddito domestico).
📌 Quantificazione: su base documentale (fatture, ricevute, conteggi INPS), ma anche in via equitativa per le spese sostenute in emergenza. Possono facilmente superare i € 30.000-50.000, a seconda del caso.
➤ Danno morale e psicologico (soggettivo)
Costituito dallo stato depressivo reattivo, l’angoscia, l’ansia costante vissuta dai familiari, soprattutto da chi ha assistito il paziente nella lunga fase terminale.
📌 È spesso compreso nel danno parentale, ma può essere riconosciuto autonomamente con integrazione probatoria (es. perizia psicologica o testimoni).
Il caso del sig. Mario Verdi non è solo una vicenda clinica: è la storia di un errore evitabile che ha spezzato una vita e distrutto una famiglia.
Le responsabilità mediche sono state accertate in sede penale e civile; le conseguenze umane sono sotto gli occhi di tutti.
In uno Stato di diritto, l’unico modo per ripristinare giustizia è attraverso il riconoscimento integrale del danno.
È dovere del giudice liquidare con rigore e sensibilità quanto dovuto ai familiari, perché nessuno debba mai più subire, in silenzio, il prezzo di una cura sbagliata.