fbpx

Risarcimento Danni Decesso Amianto - Eternit

"In materia di malattia professionale e risarcimento del danno morale, gli eredi possono chiedere che sia ristorato, oltre alla sofferenza fisica, il patimento sofferto dal proprio caro in ragione della sua consapevolezza circa l’approssimarsi della morte e della perfetta coscienza che fin dalla diagnosi della malattia non vi sia più alcuna speranza."

Vi sono alcune persone che la mattina si svegliano, fanno colazione, si preparano e, dopo aver salutato la propria famiglia, si recano a lavoro, con la consapevolezza che potrebbero non tornare.

Si tratta di una categoria di lavoratori fondamentale, di cui non possiamo fare a meno, poiché queste persone svolgono quelle attività che la maggior parte di noi non farebbe.Del resto, la vita non coincide con il lavoro, o almeno non del tutto.

Tuttavia, sebbene queste ultime persone non ambiscano certo alla gloria, è possibile che la loro vita sia comunque compromessa a causa dell’attività lavorativa svolta, senza che queste ne fossero consapevoli, senza che ricevessero gratificazioni economiche maggiori per il rischio corso.

Semplicemente ci si trova un giorno ad ammalarsi, a credere che sia questione di un ineluttabile destino, per poi accorgersi che il proprio datore di lavoro aveva sempre mentito, e che quell’attività che per anni si è svolta aspettando solo il momento di tornare a casa, in realtà ha condotto alla morte.

Risarcimento Tumore Mesotelioma Pleurico

In questa cerchia di persone rientra un lavoratore portuale di Venezia, il quale veniva a mancare il 13 ottobre 2013, dopo una lunga sofferenza causata dal mesotelioma pleurico, una forma di tumore molto rara che costituisce appena l’1% delle malattie oncologiche rilevate.

Colpisce il mesotelio, ossia il tessuto che riveste gran parte degli organi interni, importando una alterazione genetica delle cellule.

Chi ne è afflitto accusa fiato corto, tosse, febbre, stanchezza, perdita di peso, fino ad avere difficoltà a deglutire e a respirare.

È questo ciò che ha passato il lavoratore di Venezia, che dal 1969 al 1994 aveva svolto attività lavorative presso il porto a stretto contatto con l’amianto, che, guarda caso, è il principale fattore di rischio del superiore tumore.

Risarcimento Amianto: tumore da inalazione

Dopo la morte del dipendente, gli eredi, giustamente, hanno iniziato una battaglia contro i datori di lavoro dell’uomo, al fine di ottenere una pronuncia che collegasse il decesso del proprio caro all’inalazione di fibre di amianto cui era stato sottoposto per i molti anni del suo lavoro.

Certo, in questi casi non è mai semplice portare avanti i propri principi; si ha un po’ la sensazione di imbattersi in qualcosa di troppo grande, come si fa a sconfiggere aziende così importanti?

Tale interrogativo però non deve scoraggiare, né tantomeno può rappresentare una causa di giustificazione per rassegnarsi a quanto è stato senza che venga fatta giustizia per la morte di un padre di famiglia che non sarebbe dovuta accadere.

In tal caso si ha diritto al risarcimento per danni da amianto , a seguito del tumore indotto da analazione della sostanza cancerogena.

Risarcimento Moglie, figli, nipoti

La lotta aveva inizio con il ricorso presentato dall’Avvocato dei parenti al giudice del lavoro del Tribunale di Venezia, con cui venivano citati in giudizio sia il Provveditorato del Porto che il Lloyd, armatore che aveva trasportato amianto , chiedendo che venisse risarcito il danno morale, esistenziale e biologico alla famiglia: moglie, figli e nipoti.

Dopo aver depositato la documentazione occorrente e dopo l’espletamento della consulenza medico legale, il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Lloyd, quindi escluso dal processo e condannava l’Autorità portuale al pagamento della somma complessiva per danno biologico ed per danno morale.

L’A.P. proponeva appello, sostenendo di non avere nulla a che fare con la vicenda, non essendo coinvolta in alcun rapporto di lavoro con l’uomo.

Sosteneva altresì che ad ogni modo non era stato provato il nesso causale tra le asserite inalazioni e il decesso.

La Corte d’appello, chiarite le eccezioni processuali avanzate dalle parti in ordine al litisconsorzio necessario, ossia la necessaria presenza nel processo di altre parti, nonché relative al difetto di legittimazione passiva dell’AP e all’incompetenza funzionale del giudice del lavoro, rigettava l’appello con sentenza non definitiva.

L’AP decideva quindi proporre ricorso per cassazione adducendo sei diversi motivi di censura.

Le posizioni dei parenti della vittima

Una volta presentato il ricorso da parte di A.P., gli eredi/parenti hanno resistito con controricorso e a loro volta proposto ricorso incidentale nei confronti di AP e Italia Marittima (già Lloyd), che resistevano con altro ricorso incidentale nei confronti degli eredi.

Va altresì evidenziato che, nel frattempo, la Corte d’appello di Venezia pronunziava sentenza definitiva con deposito delle motivazioni, confermando la sussistenza del nesso di causalità tra l’inalazione dell’amianto e la patologia tumorale, individuando in capo all’AP una responsabilità per non aver colposamente adottato tutte le misure necessaria alla tutela dei lavoratori.

La Corte territoriale escludeva inoltre ogni responsabilità dell’Italia Marittima, in quanto trattavasi soltanto di uno dei tanti armatori operanti nel porto di Venezia e, quindi, non era possibile rintracciarsi una specifica responsabilità.

Anche avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione, stavolta da parte degli eredi, che veniva riunito al precedente, attesa la coincidenza del fatto su cui la Suprema Corte veniva chiamata a decidere.

L’AP. impugnava la sentenza definitiva di secondo grado anzitutto nella parte in cui confermava la sussistenza del nesso causale tra la morte e l’esposizione alle fibre di amianto, lamentando altresì come la Corte d’appello si fosse soltanto limitata a riprendere le conclusioni della CTU espletata in primo grado, che peraltro individuava ricostruiva il predetto nesso solo in termini statistico probabilistici del 75 %, non fornendo alcun riscontro oggettivo circa i concreti elementi dell’intensità dell’esposizione e del dosaggio.

Inoltre, rilevava come il Provveditorato al Porto non era il datore di lavoro dell’uomo, per cui non spettava ad esso porre in essere tutte le misure necessarie a prevenire l’inalazione in questione e neppure era tenuto a rispettare le norme di tutela della sicurezza sul lavoro dei portuali.

Infine, l’A.P. ribadiva come, a suo avviso, non fosse stata raggiunta la prova del danno morale sofferto.

Viceversa, gli eredi lamentavano l’esclusione dal processo di Italia Marittima, a loro dire responsabile di aver adottato modalità di trasporto e scarico imprudenti, con l’assenso dell’Autorità Portuale, avendo inserito materiali contenenti amianto in sacchi di iuta anziché in contenitori sigillati.

Risarcimento morale di 11.580 euro al giorno

Inoltre, i successori del lavoratore portuale evidenziavano come la sentenza d’appello non avesse adeguatamente valutato l’intensità della sofferenza patita dal proprio caro prima della morte, aggiungendosi al dolore fisico la consapevolezza che non vi fosse più alcuna speranza di sopravvivere.

La Suprema Corte ha in primo luogo analizzato le censure avanzate dal APV, respingendo tutti i motivi di impugnazione da questa presentati.

E infatti, per ciò che concerne l’eventuale insussistenza del nesso di causalità tra l’esposizione all’amianto e la morte del lavoratore, al fine di decidere sul punto, i giudice del terzo grado hanno richiamato principi ormai consolidati nella giurisprudenza italiana, secondo cui, in tema di nesso causale, mentre nell’ambito del diritto penale la regola generale è rappresentata dall’ ”oltre ogni ragionevole dubbio”, attesa la rilevanza degli interessi coinvolti (essendo in gioco la libertà personale della persona), nel panorama civilistico la regola generale per la prova di causalità è invece rappresentata dal “più probabile che non”.

Ne deriva che, nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto corrette le argomentazioni della Corte d’appello in ordine alla prova della causalità tra inalazione delle fibre d’amianto e morte, vista la CTU medico legale che ha individuato nel 75% la probabilità che i due eventi fossero l’uno conseguenza dell’altro; percentuale questa più che accettabile per i criteri civilistici della causalità.

Relativamente agli altri motivi di censura, per cui APV riteneva di non essere obbligata all’adozione di misure di prevenzione, la Corte si è parimenti pronunciata con un rigetto, richiamando in primis il precetto di cui all’art. 2187 c.c., secondo il quale spetta all’imprenditore fare in modo che sia assicurata l’integrità fisica del lavoratore sul luogo di lavoro, specificando in secondo luogo che l’eventuale ignoranza circa gli effetti nocivi dell’inalazione di amianti, non può che essere ricondotta all’imperizia del datore di lavoro.

Responsabilità dell’Autorità Portuale

In altri termini, vista la notorietà e la pacificità degli effetti tossici dell’amianto, il non adottare misure di sicurezza volte ad evitare l’inalazione è addebitabile al negligente datore di lavoro, non potendosi escludere, nel caso di specie, che tra l’Autorità Portuale e l’uomo vi fosse un rapporto di lavoro.

Infine, non è stato dato seguito all’asserzione per cui il danno morale patito dal lavoratore in prossimità della morte non risultasse provato.

Un diverso esito ha invece avuto la censura inerente alla quantificazione del danno.

La Corte, invero, ha evidenziato l’errore nel calcolo perpetrato dalla Corte territoriale che, in sede di quantificazione del danno morale, ha tenuto conto soltanto della durata, in termini di giorni, della malattia, dalla diagnosi al decesso, non valutando invece l’intensità della sofferenza provata e non adeguando quindi l’individuazione del nocumento al caso in questione.

La composizione del danno morale

I giudici della Suprema Corte hanno sottolineato come, in caso di lesione dell’integrità fisica, si debba anche tener conto della circostanza che la vittima abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della morte, con conseguente attivazione di un processo di sofferenza psichica particolarmente intensa (lucida agonia), di cui è necessario tener conto nella quantificazione del danno.

La Corte ha pertanto accolto detto motivo e rinviato alla Corte d’appello affinchè provvedesse, sulla scorta dei principi affermati, a quantificare diversamente il danno morale.

Avvocato risarcimento danni decesso per amianto

La materia trattata dal caso in commento è una delle più delicate che il nostro paese abbia conosciuto in tema di tutela del lavoratore.

Per anni si è continuato ad esporre persone completamente ignare dei rischi corsi alla condanna dell’inalazione delle fibre di amianto, probabilmente, quantomeno in un primo momento, anche nella stessa inconsapevolezza degli stessi imprenditori (o così ci si augura).

Eppure, ormai da diversi decenni, gli effetti devastanti che il contatto con tale materiale produce negli esseri umani è noto e non si può continuare a nascondersi e a fuggire dalle proprie responsabilità: è assurdo che vi siano datori di lavoro che vogliano ancora sostenere di non esser stati consapevoli dei rischi per i propri lavoratori.

Certo, forse dietro tali giri di parole può scovarsi la paura di assumere i costi che l’attività di bonifica dall’amianto comporta, nonché i costi delle particolari procedure che in queste ipotesi vanno adottate.

Eppure la sofferenza è indescrivibile: si ha la diagnosi di una forma tumorale rara, la comunicazione che non c’è nulla da fare, che probabilmente tutto ciò è stato cagionato dagli anni di lavoro trascorsi esponendosi al rischio e, infine, che l’unica cosa da fare è attendere la morte cercando di limitare le sofferenze fisiche.

Se anche tu o un tuo caro ha vissuto una tragedia simile, puoi chiamare un Avvocato per il risarcimento danni da decesso per amianto – eternit.

Tags: Incidenti Mortali: Lavoro, Strada, Errori Medici

Compila il modulo per richiedere informazioni, 

Riceviamo solo su appuntamento.

  Roma, via La Spezia 43

  Ariccia, Largo Savelli 14


  06 89346494 - 349 40 98 660
segreteria@studiobuccilli.com
  • Non è la prima volta che mi rivolgo a questo Studio Legale, in tutte le circostanze sono stato pienamente soddisfatto dall'operato dell'avvocato Alessandro Buccilli, serio, professionale, empatico e molto disponibile. Complimenti sinceri.
  • Lo studio legale mi ha permesso di risolvere i miei problemi nel minor tempo possibile efficienza e cuore nel lavoro che svolgono sono alla base di tutto e vi ringrazio ancora immensamente di tutto
  • Ho avuto modo di apprezzare e verificare la professionalità dell'avvocato Buccilli in diverse situazioni difficoltose. Quando nel 2021 decisi di vendere la mia casa per acquistarne una più grande, mi sono capitate numerose situazioni sventurate: iniziai comprando su carta un villino indipendente di 100 mq; l'agente immobiliare responsabile della vendita mi propose un ampliamento che si rivelò essere un abuso, abilmente orchestrato assieme al costruttore senza scrupoli - mancava di fatto la cubatura necessaria per la realizzazione dell'ampliamento; il costruttore andò lungo sulla data di consegna (oltre un anno di lavoro) creandomi problemi di alloggio e danni. In quel frangente conobbi Alessandro il quale riuscì a risolvere la situazione in mio favore. Dopo molte peripezie e con il morale a terra nel maggio 2023 comprai una villetta da ristrutturare; sembrava che le cose andassero finalmente per il verso giusto. Con mia amara sorpresa scoprii che la ditta incaricata della ristrutturazione invece della promessa squadra di operai inviava saltuariamente un paio di lavoratori extracomunitari che non parlavano italiano e che passavano il tempo a giocare al telefono. A nulla servirono le mie accese rimostranze nel confronti del direttore dei lavori - anche in quel caso Alessandro mi aiutò a uscire dal pantano. Verso giugno 2024 una nuova ditta e un nuovo direttore dei lavori ripresero il cantiere con la promessa di miracoli e la consegna fissata a dicembre 2024. Arrivati a gennaio 2025 con nemmeno il 50% dei lavori preventivati completato iniziai a rivivere la situazione sperimentata in precedenza - ritardi giustificati con le più incredibili fandonie, richieste di denaro a fronte di lavori non fatti e il rifiuto ostinato di fornire una data di consegna sostenibile - oltre alle ingiurie che il nuovo direttore dei lavori mi riversava contro durante quelle piazzate che costui osava definire "riunioni tecniche"; memore delle precedenti esperienze contattai prontamente Alessandro che attualmente sta tutelando i miei diritti; stiamo procedendo legalmente nei confronti dell'ultima ditta e del "direttore dei lavori"... . Ho deciso di riassumere questa odissea iniziata nel 2021 e ancora in essere oggi perché ci tengo a mettere in luce la professionalità con cui Alessandro mi ha tutelato e mi sta tutelando facendosi carico di situazioni davvero complesse, proponendomi strategie difensive che mi hanno difeso egregiamente, fornendomi consigli preziosi e orientati all'onestà intellettuale che solo un vero professionista del foro può dispensare. Consiglio vivamente a tutti quelli che stanno cercando un professionista integro e onesto di contattare Alessandro Buccilli, sicuramente farete la scelta migliore per tutelare i vostri interessi nei confronti dei numerosi (purtroppo) imbroglioni azzeccagarbugli di cui l'Italia è infestata.
x

 chiamaci 06 89346494 - 349.40.98.660 | invia emailsegreteria@studiobuccilli.com | assistenza sediRoma - Ariccia - Latina

UN AVVOCATO IN TUA DIFESA

x

Compila il modulo per una valutazione gratuita. 

Riceviamo solo su appuntamento.

 


Roma, via La Spezia 43

 Ariccia, Largo Savelli 14

 

  06 89346494 - 349 40 98 660
segreteria@studiobuccilli.com
www.studiobuccilli.com