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Legittima difesa e acquisto, detenzione e porto d’armi

Il numero crescente degli episodi di cronaca avvenuti negli ultimi anni ha fatto nascere in molti la curiosità sul tema dell’acquisto, della detenzione e del porto di armi.

Non solo, è cresciuto il dibattito intorno alla legittima difesa, che ha portato ad una recente modifica del Codice penale.

Attualmente, infatti, l’articolo 52 del Codice penale prevede la norma generale in materia di cui al primo comma dell’articolo e la cosiddetta “legittima difesa domiciliare” di cui al secondo, terzo e quarto comma (recentemente introdotti proprio per rispondere alle richieste di chi invocava sanzioni più stringenti da comminare a chi illecitamente si introduce nella abitazione altrui o comunque in un luogo privato).  

Non tutti, però, conoscono nel dettaglio la normativa e cosa abbiano significato tali ultime riforme.

Insomma, una cosa è leggere una norma, altra è capirne la reale portata sul piano pratico.

Meglio fare chiarezza, quindi.

Acquisto, detenzione e porto d’armi

Veniamo anzitutto all’acquisto dell’arma: non è particolarmente difficile.

Nel nostro Paese è necessario richiedere, in primis, al questore della provincia in cui risiede, una speciale autorizzazione detta “nulla osta”. Ottenuta tale licenza, è possibile procedere all’acquisto recandosi in una armeria. Ne hanno facoltà anche cittadini stranieri, purchè siano residenti in Italia.

L’iter, però, non si esaurisce qui, perché dopo l’acquisto è necessario recarsi al commissariato o presso la stazione dei carabinieri del luogo in cui si risiede per denunciare la detenzione dell’arma e per l’eventuale acquisto di munizioni.

Concluso questo passaggio, per non incorrere in responsabilità penale, sarà necessario custodire diligentemente l’arma: non è necessario tenerla scarica (quindi priva di munizioni) ma è vietato in modo categorico di renderla disponibile a minori e persone incapaci.

Per assicurarsi di andare esenti da responsabilità penale è quindi consigliabile tenere l’arma chiusa a chiave.

Alle condizioni di cui si dirà in seguito, l’arma potrà essere utilizzata in caso di legittima difesa.

Veniamo infine al “porto”; a differenza che per la detenzione e come per l’acquisto, in questo caso è necessario avere un’apposita licenza.

Il porto, come suggerisce il termine stesso, consente di utilizzare e trasportare l’arma acquistata e detenuta fuori dalla propria abitazione o comunque dai luoghi privati in cui la si detiene. La “licenza di porto” a scopo di caccia, di difesa personale, o per qualsiasi altra finalità (anche sportiva), si ottiene facendone richiesta al Prefetto. Rilasciata la licenza, l’arma andrà comunque utilizzata solo per la finalità richiesta e non potrà essere trasportata in luoghi particolari.

Occorre adesso chiarire in che termini ed entro quali limiti è possibile utilizzare un’arma a scopo di legittima difesa.

Legittima difesa o difesa legittima

La legittima difesa è prevista e disciplinata dall’articolo 52 del Codice penale, che al comma primo prevede la norma generale applicabile e che stabilisce che: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

Ebbene, la norma richiede, quindi, una serie di condizioni affinchè possa applicarsi questa particolare causa di giustificazione prevista dal Codice penale: la necessità di difendere un diritto proprio o altrui, il pericolo attuale (l’attualità va valutata in relazione all’offesa), l’ingiustizia dell’offesa e la proporzionalità tra la difesa e l’offesa (proporzionalità da intendersi con riguardo anche ai mezzi concretamente utilizzati dall’offensore e dal soggetto che si difende).

A questo primo comma di portata generale, una recente riforma ha aggiunto i successivi tre che prevedono che, nei casi previsti dall’articolo 614 del Codice penale primo e secondo comma, quindi nei casi di violazione di domicilio, “sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo a difendere: la propria o altrui incolumità, i beni propri o altrui quando vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”.

Inoltre, il successivo comma stabilisce che: “le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale” .

Infine, l’ultimo comma dell’articolo 52 Codice penale stabilisce che: “Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica da parte di una o più persone”.

Attraverso la previsione di questi ultimi tre commi, il Legislatore ha quindi introdotto la legittima difesa domiciliare per cui si è aggiunta una sorta di presunzione sulla sussistenza del rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa al secondo comma ma sempre sussistendo le ulteriori condizioni ora indicate (difesa della propria o altrui incolumità o dei propri o altrui beni quando vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione alla persona) e l’ulteriore presunzione di cui all’ultimo comma per cui agisce sempre in stato di legittima difesa chi, nei casi di cui ai commi precedenti, “compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica da parte di una o più persone”.

Nonostante tali recenti riforme, la giurisprudenza più recente ha sottolineato comunque la necessità che il giudice verifichi in concreto, di volta in volta, l’adeguatezza della difesa legittima, andandosi cioè a limitare la portata delle presunzioni introdotte dal Legislatore anche tenendo conto del fatto che il nostro ordinamento agli articoli 392 e 393 del Codice penale sanziona i cittadini che decidano di “farsi giustizia da sé” esercitando violenza sulle persone o sulle cose.

Alla stregua delle ultime conclusioni della giurisprudenza, quindi, quando si agisce in legittima difesa, per considerarsi sicuramente esenti da responsabilità penale,  sarebbe comunque bene tener conto dei criteri indicati dal primo comma dell’articolo 52 del Codice penale: necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta in modo che vi sia sempre una proporzione tra la difesa approntata e l’offesa ricevuta.

Perfetto — ecco **un paragrafo aggiornato e corredato di **riferimenti a **casi di cronaca giudiziaria **recenti e **verificabili **nel panorama italiano, che puoi inserire nell’articolo **immediatamente dopo l’ultimo paragrafo sulla giurisprudenza:

Cronaca giudiziaria recente: assoluzioni e valutazioni giudiziarie

Negli ultimi anni, alcune vicende di cronaca giudiziaria hanno portato all’assoluzione o all’archiviazione di imputati accusati di eccesso colposo in casi riconducibili alla legittima difesa, evidenziando come, anche nella pratica forense, la valutazione concreta dei fatti resti centrale. Un esempio emerso nel 2024 riguarda Mario Cattaneo, ristoratore di Casaletto Lodigiano (Lodi), assolto in appello dall’accusa di eccesso colposo di legittima difesa per aver sparato a un ladro entrato nel suo locale: la Corte d’Appello di Milano ha confermato l’assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, riconoscendo la scriminante in relazione alle circostanze di fatto e allo stato di turbamento dell’imputato al momento dell’aggressione. 

Anche in anni recenti, vicende analoghe – pur datate – mostrano dinamiche simili: nel caso di Franco Birolo, tabaccaio di Padova, una prima condanna per eccesso colposo fu ribaltata in appello con l’assoluzione per legittima difesa putativa, confermata poi dalla Cassazione con l’inammissibilità del ricorso della parte civile. 

Altri procedimenti si sono conclusi con archiviazioni da parte della Procura, come accadde per i casi di Graziano Stacchio e Francesco Sicignano, i cui episodi di reazione a intrusioni notturne furono ritenuti sussumibili nella scriminante della legittima difesa in ragione delle dinamiche concrete delle intrusioni e della percezione della minaccia.

Tali pronunce di merito e di rito confermano che, al di là delle presunzioni normative introdotte dall’ultima disciplina dell’art. 52 c.p., la valutazione giudiziale resta un accertamento di fatto caso per caso da valutare insieme all'Avvocato Penalista, in cui si prendono in considerazione circostanze soggettive (come il turbamento psicologico e la percezione della minaccia) e oggettive (come l’effettiva situazione di pericolo), senza derubricare l’istituto a uno “spazio libero” per qualsiasi reazione difensiva.

 

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