La creatività smarrita
Ogni epoca lascia il segno sulla forma mentis delle persone che la vivono.
Il diritto stesso si modella sulle trasformazioni sociali e tecnologiche, e non è un caso che oggi molti giuristi si trovino a riflettere non solo su nuove questioni normative, ma anche su un mutamento antropologico profondo: il rapporto tra individuo e tecnologia.
Negli anni fino ai primi 2000 la vita quotidiana si svolgeva ancora in uno scenario in cui l’esperienza concreta – il gioco all’aperto, la conversazione vis-à-vis, lo studio privo di distrazioni digitali – era centrale.
Oggi, invece, la centralità è occupata da dispositivi mobili, social network e contenuti digitali senza soluzione di continuità, con l'intelligenza artificiale che cavalca la pigrizia.
Ma cosa è accaduto alla creatività, quella forza invisibile che, come l’ingegno nel diritto, nasce dalla necessità e dall’intensità dei sentimenti?
Quando la vita concreta era scuola di ingegno
Fino a una ventina di anni fa, la quotidianità obbligava l’individuo ad arrangiarsi. La mancanza di connessione continua non era vissuta come privazione, bensì come condizione naturale. Si creavano giochi con ciò che si aveva a disposizione, si immaginavano soluzioni nuove per risolvere piccoli problemi domestici, si scrivevano lettere o diari per rielaborare emozioni. Era un contesto fertile per l’ingegno: l’assenza di risposte immediate obbligava a ragionare, a cercare, a sperimentare. La creatività, come un muscolo, veniva esercitata perché necessaria.
L’avvento dello smartphone e la rivoluzione del tempo interiore
Con l’arrivo degli smartphone e, soprattutto, con l’esplosione dei social media, si è prodotto un cambiamento radicale: non soltanto nuovi strumenti, ma un nuovo modo di percepire il tempo e di vivere le relazioni. Lo smartphone ha reso possibile avere a portata di mano una fonte inesauribile di intrattenimento, di informazioni, di stimoli visivi e sonori. È mutata così la qualità del “vuoto”, di quegli spazi di noia e attesa che, paradossalmente, erano l’incubatrice della creatività. Oggi, ogni micro-secondo viene riempito da scroll compulsivi, notifiche e contenuti effimeri.
Velocità contro profondità
La creatività, intesa come capacità di produrre nuove connessioni di pensiero e nuove forme espressive, nasce dal contatto con esperienze intense o dalla necessità di superare ostacoli. Entrambe queste condizioni implicano lentezza, sedimentazione, silenzio interiore. La fruizione veloce e frammentata che caratterizza l’uso dei social media non permette questa profondità: il messaggio è istantaneo, l’emozione si consuma nel giro di pochi secondi, e il pensiero critico viene sostituito da un automatismo di reazioni. L’effetto è simile a un terreno agricolo costantemente arato in superficie, ma mai irrigato in profondità: non si sviluppano radici solide.
L’illusione di creatività digitale
Molti sostengono che le nuove tecnologie abbiano democratizzato la creatività, consentendo a chiunque di pubblicare un testo, un’immagine o un video. Ma non bisogna confondere la possibilità tecnica di produrre contenuti con la creatività vera e propria. La maggior parte delle produzioni digitali odierne si limita a replicare format già esistenti, inseguendo algoritmi che premiano l’immediatezza e la brevità. Non è tanto l’espressione personale ad emergere, quanto l’adattamento a schemi predefiniti. L’atto creativo autentico, invece, implica originalità, rischio, capacità di andare controcorrente: tutte qualità che mal si conciliano con la logica premiale dell’“engagement” immediato.
L’impoverimento delle esperienze concrete
Il dato più preoccupante è l’erosione delle esperienze concrete, fisiche, relazionali. Le passeggiate senza auricolari, le conversazioni senza interruzioni, i giochi inventati con i compagni di strada: tutte queste attività allenavano a osservare, ad ascoltare, a sentire in profondità. La creatività nasce anche da un incontro, da un silenzio condiviso, da un conflitto che richiede mediazione. Privati di questi spazi, gli individui rischiano di perdere la capacità stessa di trasformare la realtà in visione, la quotidianità in ispirazione.
Creatività come Valore
In questo scenario, la creatività assume un ruolo importante di coltivazione dei valori fondanti dell'essere umano.
Decidere di leggere un libro senza interruzioni, di scrivere un pensiero su carta, di suonare uno strumento musicale senza l’ansia della performance online: sono scelte che recuperano un contatto autentico con il tempo e con sé stessi. La creatività non è mai stata un bene di consumo; è sempre stata, piuttosto, un dono che si coltiva attraverso disciplina e intensità. Ecco perché il vero creativo oggi non è chi produce più contenuti, ma chi sa proteggere spazi di silenzio e di riflessione dal rumore incessante delle notifiche.
Riflessioni giuridiche e sociali
Da avvocato non posso non osservare anche la dimensione normativa di questa trasformazione.
Le nuove tecnologie pongono sfide inedite in materia di tutela della privacy, di diritti d’autore, di responsabilità per i contenuti diffusi online.
Ma al di là delle norme scritte, vi è un tema più profondo: la tutela della dignità dell’essere umano come soggetto capace di creatività e non solo come consumatore di contenuti (ad esempio sentenze già scritte = precedenti). Si perchè ogni legge va interpretata, e senza un idea logica di collegamento tra un fatto ed una norma, non c'è creatività e non c'è Avvocato.
La società, attraverso leggi, politiche educative e scelte culturali, dovrebbe interrogarsi su come favorire un equilibrio tra utilizzo degli strumenti digitali e salvaguardia delle esperienze concrete che nutrono la mente e il cuore.
Non si tratta di demonizzare la tecnologia, che è pur sempre frutto dell’ingegno umano e può essere utilizzata con saggezza.
Si tratta piuttosto di riconoscere che, per favorire la creatività, l’essere umano ha bisogno di profondità, di esperienze reali, di contatti autentici.
Non tutto può essere ridotto a pixel e notifiche.
Se vogliamo che la società futura non si riduca a un flusso di contenuti intercambiabili e fugaci, dobbiamo recuperare l’arte di vivere concretamente, di annoiarci, di ascoltarci, di imparare, di provare e sbagliare.
In fondo, il diritto stesso nasce come creatività applicata al vivere civile: trovare regole nuove per problemi sempre antichi.