La Decadenza della Parità dei Sessi
Coraggio, voglia di riscatto, esigenza di parità intellettuale, sociale ed economica sono stati la spinta propulsiva della lunga battaglia condotta dalle donne per migliorare la loro posizione ed ottenere la parità dei sessi.
Le donne che ci hanno preceduto hanno dovuto lottare duramente (anche a costo della vita) per ottenere tutto quello che (solo) oggi è divenuto scontato, come diritto acquisito.
Basti pensare che solo alla fine del secolo scorso, ad una delle donne che hanno cambiato la storia della pedagogia mondiale, Maria Montessori, è stata negata l’iscrizione alla facoltà di medicina perché non ritenuta idonea.
La sua caparbietà l’ha portata a superare una presa di posizione del rettore fino a riuscire laddove per molte era un miraggio.
Eppure la storia della parità dei sessi affonda le sue radici a molto prima. Già nell’antica Grecia, nella gloriosa Roma e nei secoli avvenire gli uomini hanno fatto leggi solo a favore di uomini.
Anche dai testi sacri arrivava lo stesso messaggio che vedeva la donna relegata ad un ruolo limitato e sempre subordinato all’uomo.
Solo con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791 si è cominciato a dare un risposta alle sempre più crescenti esigenze di tutela dei diritti delle donne attribuendole un ruolo sociale fino ad allora relegato ai margini.
E così, nel corso dell’800 cominciano le battaglie per ottenere e vedersi riconoscere, solo alla fine del secolo, il diritto a votare, cioè ad eleggere i propri rappresentanti al parlamento. In Italia solo nel 1945 le donne poterono esprimere il diritto al voto.
Ma le battaglie condotte dalle donne tra i XVIII ed i XIX secolo hanno riguardato anche il diritto ad accedere all’istruzione accademica ed il diritto/dovere al lavoro, a non essere discriminate all’interno dei posti di lavoro e ad avere una retribuzione uguale a quella degli uomini.
Si è arrivati solo al 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo per sancire e finalmente consacrare la parità dei diritti tra uomini e donne.
L’uguaglianza di genere nella Costituzione Italiana
Nella Costituzione Italiana la parità di genere ha avuto la sua consacrazione nell’articolo 3 comma 1 il quale sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge “senza distinzione di sesso”.
Questo inciso è stato fortemente voluto dalla celebre senatrice Lina Merlin a cui si deve il primo grande riconoscimento di parità di genere.
Le 21 deputate su 556 totali che hanno fatto parte dell’Assemblea Costituente nel 1946 hanno svolto un ruolo determinante nel proclamare i diritti a favore delle donne ribadendo il concetto di uguaglianza in numerosi altri articoli, fra i quali l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, la protezione della maternità, la parità nel lavoro, la parità nella partecipazione politica e nell’accesso alle cariche pubbliche.
Ciò a voler significare una necessità rafforzare e confermare l’uguaglianza delle donne all’interno della famiglia e nella società.
Ma lo scopo era anche quello di superare i limiti e le restrizioni della la normativa sino ad allora vigente che era espressione e figlia di una cultura fortemente discriminatoria ed iniqua.
Il comma 1 dell’art. 3 cardine il cardine ed anche il fulcro centrale della parità uomo-donna, il principio fondamentale che deve fare da guida e da faro per tutte le leggi.
La disparità di genere, le limitazioni opposte alla donna
Per quanto le norme, anche di rilievo Costituzionale o Internazionale, affermino il principio di uguaglianza tra uomini e donne,bisogna però chiedersi se nella realtà sociale ed economica la parità di genere sia concreta o rimanga solo un proclamo.
Vero è che l’uguaglianza fra gli esseri umani può dirsi raggiunta grazie alla mobilità, alla sensibilizzazione, ai comitati pari opportunità, ma altra cosa è la parità di genere, o meglio, la disparità di genere, che ancora esiste.
In tante parti del mondo le donne ancora non hanno accesso alle professioni e hanno limitazioni nel compiere le azioni più elementari, quali guidare un’auto, scegliere di divorziare, ecc.
Basti riflettere che in Iran solo negli ultimi tempi le porte degli stadi sono state aperte anche alle donne. Queste, tuttavia, vengono collocate a distanza rispetto agli uomini e separate da grate di ferro.
Ma la questione delle donne è un argomento preoccupante anche nei Pesi moderni e più industrializzati dove il gentil sesso fatica a raggiungere ruoli di rilievo in politica o nell’economia e dove ancora, ogni anno, il 25 novembre deve celebrarsi una giornata commemorativa contro la violenza sulle donne.
Le donne, infatti, continuano a rimanere escluse dai tavoli dove vengono affrontate le questioni più importanti per la vita del Paese o dell’economia.
O peggio, alcune raggiungono tali traguardi solo aggirando in maniera forsennata le mille barriere ed i limiti che il mondo maschile antepone al loro ingresso e spesso sacrificando parte della loro personalità per risultare forti ed intransigenti ed ottenere così il rispetto dei colleghi uomini.
La Decadenza della tanto agognata parità dei sessi
Si badi bene, quel che si è fin qui detto è lo spaccato di una parte della società. Infatti, in alcuni casi si assiste ad una vera e propria inversione (regressione) della civilità e dei diritti conquistati dalle donne, fino al contrario e denegato risultato di far prevalere di nuovo un sesso sull’altro, ma questa volta la donna sull’uomo.
Si pensi a tutti quei casi in cui, sul posto di lavoro, in ambito dirigenziale, in seno ai ministeri, ovvero anche nelle piccole aziende locali (30-40 lavoratori/ici), e perché no anche nei bar, ci viene rappresentata una realtà al contrario. Una situazione capovolta in cui la donna, forte delle battaglie e della sensibilizzazione su un tema, riesce a ribaltare la situazione imponendo la propria illegittima supremazia sull’uomo, attraverso gesti più o meno importanti, plateali, con o senza violenza psicologica.
Si potrebbero proporre moltissimi esempi, alcuni ancora in fase embrionale e visibili solo alle menti più sensibili, altri più immediati, come nel caso della normativa sul femminicidio.
Intendiamoci, ben venga qualsiasi progetto di riforma e di leggi inteso ad intensificare la coscienza sociale contro l’omicidio. Ma è proprio questo il punto. Contro l’omicidio, in generale. Non contro l’omicidio verso un sesso.
La storia del diritto è intrisa di grandi giuristi alla ricerca dell’equilibrio, del buon senso, e del sentire comune, ai quali si accapponerebbe la pelle a sentir parlare di omicidio di un genere.
L’omicidio è uno soltanto. La violenza fisica o non, anche.
Come pure la violenza mentale di cui siamo tutti destinatari, attraverso leggi che identificano una condotta deplorevole (o maggiormente deplorevole), ovvero una istanza di tutela, in base al possesso di un organo genitale piuttosto che l’altro.
Esempio di violenza psicologica di Genere

E se stessimo assistendo ad un inversione? c'è davvero la parità dei sessi?
Se i poliziotti fossero tutte donne e un tizio tirasse fuori il proprio pene proprio davanti alle loro facce?
Sarebbe probabilmente giudicato dalle masse in maniera pessima e passerebbe in un momento il messaggio giustizialista di chi vorrebbe finisse gli arresti.
Quindi chiediamoci sempre, di che uguaglianza parliamo?