Ricorso al Tar Roma per l'annullamento dell'acquisizione gratuita del terreno al patrimonio comunale
La prima operazione da fare in caso di Ricorso al Tar Roma per l'annullamento della determina di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un terreno sul quale insiste un manufatto abusivo, è sempre e comunque un calcolo adeguato della superficie acquisita.
Il caso di specie riguarda un nucleo familiare di etnia rom-bosniaci, avente scarse capacità reddituali, di cui una con gravi certificate disabilità mentali e fisiche riconosciute dalla Commissione medica per le invalidità civili della competente ASL.
La vicenda trae origine dal 2017, quando la famiglia, rispondendo ai requisiti di legge, è risultata assegnataria in locazione di un alloggio. Tuttavia, la permanenza presso la suddetta abitazione è stata gravemente compromessa da atti discriminatori.
A seguito delle ripetute minacce di morte, la famiglia si vedeva costretta a scappare dall’alloggio assegnatole, pur di tutelare l’incolumità fisica e mentale, trovando rifugio di fortuna presso l’insediamento istituito per l’emergenza nomadi a Roma.
Dopo i fatti criminosi narrati, con le ultime risorse economiche, la sig.ra *** ha deciso di acquistare il terreno sito in Ariccia (RM) con l’intento di provare a coltivare il terreno agricolo e poter così sostentare la famiglia.
Dopo aver iniziato ad eseguire le lavorazioni del terreno agricolo per la coltivazione di mele, pere, uva, castagne, olive, cachi, kiwi, ciliegie e visciole, la ricorrente ha usato due container di ristrette dimensioni, per una superficie complessiva di poco più di 25 mq.
Nel 2021 la Polizia Locale sequestra l’intero suddetto terreno e i sovrastanti modesti manufatti sprovvisti di permesso di costruire.
Poco dopo, il Comune dichiara l’avvenuta acquisizione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 del D.P.R. 380/01 nonché dell’art. 15 della L.R. 15/08, al patrimonio Comunale dell’opera abusiva, del sedime e della relativa area di pertinenza, per una superficie complessiva dell'intero terreno.
Il provvedimento è viziato nell’operazione di calcolo della superficie acquisita, ha omesso di indicare in modo preciso l’area da acquisire al patrimonio comunale, non ha previamente comunicato l’avvio del procedimento volto all’adozione del provvedimento acquisitivo, presume infondatamente che l’autore del manufatto abusivo sia la ricorrente, viola la normativa nazionale e regionale sotto diversi profili.
ERRORE DI CALCOLO IN VIOLAZIONE DELL’ART. 31, D.P.R. N. 380/2001 E S.M.I.
L’atto di acquisizione gratuita in favore del Comune viola il diritto di proprietà della ricorrente ed è illegittimo per errore di calcolo ed insufficiente motivazione.
I vizi dell’atto impugnato che dichiara l’intervenuta acquisizione di diritto dell’area sono l’errore di calcolo (in quanto l’ente poteva eventualmente acquisire al massimo *** metri quadri), oltre che il difetto di motivazione (inteso sotto il profilo dell’omessa indicazione dei dati utilizzati e dei criteri seguiti per determinare l’estensione dell’area acquisibile, così come definiti dalla disciplina urbanistica).
Come ribadito dalla Sezione anche di recente, l’obbligo di esplicitare le modalità del calcolo (in relazione ai parametri urbanistici in astratto applicabili per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusivamente realizzate), imposto dall’art. 31 del DPR n. 380/01 all’amministrazione comunale per l’individuazione dell’eventuale area ulteriore, comporta altresì l’imprescindibilità del preventivo frazionamento catastale prescritto, per i Comuni della Regione Lazio, dall’art. 15 co.3 L.R. Lazio n. 15/08.
Frazionamento che non è stato ne ipotizzato ne posto in essere, per errore di calcolo e conseguente vizio dell’intera determina impugnata.
L’art. 15 co. 3 L.R. n. 15/08 prevede che “l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire definisce la consistenza dell’area da acquisire, previo frazionamento catastale effettuato dall’ufficio tecnico comunale, ovvero, in caso di carenza di organico e/o delle necessarie strumentazioni topografiche, da tecnici esterni all’amministrazione”. Esso impone che, in sede di notifica dell’atto di accertamento dell’inottemperanza, venga delimitata l’area da acquisire, anche mediante frazionamento catastale (Tar Lazio, Roma, Sez I, n. 1210/2013).
Se fosse stata preventivamente delimitata l’area sin dall’atto di ingiunzione della demolizione, e successivamente con l’accertamento dell’inottemperanza, nonché fosse stata data alla ricorrente la possibilità di partecipare al procedimento amministrativo, probabilmente la determina oggi impugnata nemmeno esisterebbe.
L’atto di acquisizione delle intere particelle del terreno di *** mq risulta affetta da un grave vizio sostanziale, in quanto la determinazione della parte eccedente dell’area di sedime supera di gran misura il tetto massimo fissato dal legislatore come limite del quantum acquisibile.
Ebbene, il Comune ha disposto l’acquisizione dell’opera abusiva e dei relativi diritti accessori della totalità delle particelle che costituiscono l’intero fondo, senza discernere e/o precisare la porzione acquisibile come area di sedime né preannunciare eventuale azione di frazionamento per ricavarne la precisa area da acquisire; senza operare il previo frazionamento, eccedendo palesemente il limite di cui all’art. 31 co.2 del D.P.R. n. 380/2001: essendo al più la “superficie utile abusivamente costruita” pari a mq *** mq circa, il Comune avrebbe dovuto acquisire al massimo un’area di mq ** e non l’intero terreno, in modo immotivato e sproporzionato.
Invero, il legislatore ha stabilito nell’art. 31 DPR 380/2021 il tetto massimo dell’area acquisibile che non può giammai superare di dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
In altri termini, la misura della superficie da acquisire è già predefinita dal legislatore per relationem, mediante il riferimento alla disciplina dell’attività costruttiva dettata dalla normativa e dagli strumenti urbanistici.
Il legislatore ha dunque indicato un criterio di determinazione dell’area acquisibile, restando all’autorità procedente da applicare i suddetti criteri al caso concreto, indicando nelle “premesse motivazionali” del “provvedimento” di acquisizione gli elementi di fatto, le basi di calcolo ed i criteri di computo utilizzati.
Nel merito, si rimanda ai precedenti conformi: T.A.R. Lazio sez. II - Roma, 02/03/2020, n. 2666, T.A.R. Lazio sez. II - Roma, 07/02/2019, n. 1594 , T.A.R. Lazio sez. II - Roma, 08/03/2019, n. 3130 , Cons. Stato, Sez. IV, n. 1881 del 2013, Tar Lazio 10292/2017.
Il motivo dell’impugnazione relativo all’errore di calcolo è strettamente legato alla conseguente assenza di idonea motivazione del provvedimento amministrativo.
Invero, l’atto di acquisizione impugnato appare essere affetto altresì da un vizio di procedura, poiché carente di qualsivoglia motivazione a giustificazione dell’effettiva estensione dell’area da acquisire.
Pur godendo l’Amministrazione di ampia discrezionalità, necessariamente deve fornire adeguata motivazione delle sue scelte, sindacabile sotto il profilo della congruità, della ragionevolezza e della proporzionalità.
In tale prospettiva la giurisprudenza in materia ha costantemente ribadito che l’amministrazione procedente è tenuta ad indicare puntualmente nell’atto di acquisizione la classificazione urbanistica ed il relativo regime per l’area oggetto dell’abuso edilizio, sviluppando il calcolo della superficie occorrente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive (Tar Lazio, sez. II quater n. 10292/2017) nel limite massimo del decuplo dell’area di sedime (Cons. Stato. Sez. VI, n. 1881 del 2013).
Avendo errato nei calcoli relativi alla superfice massima acquisibile, e mancando un’adeguata motivazione, che per costante e pacifica giurisprudenza deve essere idonea e sufficiente a ripercorrere l’iter logico-giuridico seguito dall’Amministrazione, il provvedimento è da considerarsi illegittimo e per l’effetto annullato.
Aggiornamento 2022: il Tar ha accolto il ricorso ed ha annullato la determina del Comune, condannando lo stesso alla rifusione delle spese di giudizio.