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Assistenza Legale Responsabilità del direttore generale

Ufficio del direttore generaleLa figura del Direttore Generale degli enti Locali è stata introdotta dalla legge n. 127/1997 in seguito a diversi interventi riformatori della pubblica amministrazione.

Tale disciplina aggiunse alla legge n. 142/90, legge quadro sugli enti locali, l’art. 51-bis, recante appunto la rubrica “Direttore Generale”, che ha disposto che il sindaco, nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, così come il presidente della provincia, previa deliberazione delle rispettive giunte, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici.

Funzioni del direttore generale nei Comuni

Le funzioni principali del Direttore Generale nei Comuni sono: attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia; sovraintendere alla gestione dell’ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza.

Compete in particolare al Direttore Generale la predisposizione di alcuni atti previsti dalla normativa degli enti locali, quali il piano dettagliato di obiettivi e la proposta di piano esecutivo di gestione.

A tali fini, al Direttore Generale rispondono, nell’esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell’ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.

Il Direttore Generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta. La durata dell’incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente.

Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti era consentito procedere alla nomina del Direttore Generale previa stipula di convenzione tra Comuni le cui popolazioni assommate raggiungessero tale limite ed in tal caso il direttore generale doveva provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.

Segretario Generale degli Enti Comunali

Quando il Direttore Generale non è nominato, le relative funzioni sono conferite al segretario generale dell'ente comunale.

Il successivo Testo Unico sugli enti locali, d. lgs. n. 267/2000, ha dedicato al Direttore Generale l’art. 108, riproduttivo dell’art. 51-bis della L. n. 142/1990.

Tuttavia la Legge finanziaria 2010 (L. n. 191/2009), all’art. 2, comma 186, lett. d), nell’ambito di una serie di misure di contenimento della spesa pubblica, aveva soppresso la figura del direttore generale. Subito dopo, in sede di conversione del decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2, nella legge 26 marzo 2010, n. 42 (art.1-quater lett. d), l’estinzione è stata limitata ai comuni con popolazione fino a centomila abitanti, fatte salve in ogni caso le province. La norma ha regolato anche la sorte dei contratti in corso.

In merito a queste ultime disposizioni, il Ministero dell’Interno – Dipartimento degli affari interni e territoriali (parere n. 14 del 1° giugno 2010) e la Corte dei Conti Sez. Regionale Controllo Lombardia (pareri nn. 593 e 594 del 2010 e n. 71/2012) e Sez. Regionale Sardegna (parere n. 67 del 2010), hanno ritenuto che l’abolizione si deve intendere estesa anche alla possibilità che il segretario comunale eserciti le funzioni di direttore generale. La Sezione Sardegna ha precisato che ciò vale anche qualora i comuni si associno superando la dimensione demografica dei centomila abitanti.

City Manager, Amministratore Professionista del Comune

Delineato il quadro prettamente normativo, può osservarsi che l’introduzione del cosiddetto “city manager”, figura infatti ripresa dalle amministrazioni municipali degli USA, nasce per dare un’impostazione di stampo aziendalistico – nella sua accezione di ricerca dell’efficienza e perciò contrapposto a ‘burocratico’ - alla gestione degli enti pubblici territoriali.

Questa figura professionale, non incardinata nell’amministrazione ma anzi per definizione a tempo, essendo l’incarico legato, per durata, a quello elettorale (al massimo), che sia scelta intuitu personae o mediante procedure comparative, a seconda di quanto stabilito nella loro autonomia dagli enti nei regolamenti, costituisce, o meglio vorrebbe costituire nelle intenzioni del legislatore, l’anello di congiunzione fra politica e burocrazia.

L'esigenza di creare un’interfaccia fra le due realtà è stata sentita soprattutto in seguito alla sempre più chiara suddivisione delle competenze tra politica e gestione affermatasi, nella normativa quanto nella giurisprudenza, negli anni, secondo la quale alla politica spetta la definizione degli obiettivi, dei programmi e dei relativi controlli, mentre la gestione spetta ai dirigenti e più in generale all’apparato amministrativo, limitando al massimo le interferenze della politica nei singoli atti di gestione (cfr fra gli altri Consiglio di Stato, sentenza n. 1775/2013 e Corte Costituzionale, sentenza n. 81/2013, che individua in tale distinguo la modalità attraverso cui garantire il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa dell’art. 97 Cost.).

Tuttavia non può negarsi che la figura sia alquanto discussa, per la dicotomia ineliminabile fra approccio privatistico e pubblicistico.

Fra i chiarimenti della giurisprudenza e del Ministero dell’Interno, ad esempio la non possibilità di conferire al direttore generale le funzioni di responsabile del servizio finanziario o altri compiti di natura gestionale, anche se di stretta attinenza alle materie attribuitegli secondo la normativa regolamentare, in quanto vi sarebbe una commistione di ruoli di controllo e di gestione.

I maggiori problemi operativi si sono riscontrati, laddove l’incarico sia ricoperto da persona diversa, per l’interferenza con il ruolo del segretario comunale che, ai sensi dell’art. 97 del d. lgs. n. 267/2000, svolge funzioni di assistenza giuridico - amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti e sovraintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività, quando non sia stato nominato il direttore generale.

A tutt’oggi, non vi è unanimità di pareri sull’efficacia della introduzione di questa figura, anche se si riconosce che, almeno nelle amministrazioni più grandi, essa riesce ad apportare maggiori elementi di innovazione nell’organizzazione, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi fissati dal programma politico del sindaco.

Danno erariale nomina direttore generale

Il quadro sopra delineato, non è esente da problemi laddove la nomina del direttore generale, o i pagamenti di bonus di notevole entità ai segretari generali, causino un impoverimento economico delle casse dell'ente comunale.

Qualora la Magistratura contabile ritenga che la nomina del direttore generale abbia provocato un danno erariale - ossia il depauperamento, finanziario o patrimoniale, arrecato, con nesso di causalità, illegittimamente e con dolo o colpa grave ad un organismo di diritto pubblico - la relativa condanna comporta il pagamento di una somma a titolo ‘risarcitorio’ del danno stesso (minoritaria è la tesi che considera invece la condanna a titolo ‘sanzionatorio’ e quindi il danno il suo presupposto ed il limite entro cui contenere la condanna stessa).

Le norme fondamentali in materia sono contenute nella Legge n. 20/1994, recante “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”.

Procedimento d'ufficio Procura contabile e Corte dei Conti

Il giudizio è proposto ad istanza del Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione di cui è parte l’Ente Locale.

La Procura contabile procede d’ufficio, ove acquisisca, in qualsiasi modo e quindi anche su denuncia di privati (anche rappresentanti politici), la notizia di danno erariale. Spesso gli atti pervengono da Pubblico Ministero, ossia originano da notizia di reato.

L'illecita nomina di un direttore generale

Non vi sono, ovviamente, norme che tipicizzino l’illegittima nomina di direttore generale.

Anzitutto, nonostante la normativa di riferimento non ponga limiti, oltre quelli di popolazione, alla nomina, la Corte dei Conti richiede di individuare puntualmente le ragioni giustificative della necessità ed utilità della nomina, quindi sottopone la scelta al vaglio alla luce del criterio di ragionevolezza, anche per quanto riguarda l’onere finanziario posto a carico dell’ente pubblico.

Infatti è consolidato orientamento giurisprudenziale non solo della Corte dei Conti, ma anche della Corte di Cassazione, che i giudici contabili possono e devono verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico sotto il profilo del corretto esercizio della discrezionalità, sicché è possibile il sindacato delle scelte discrezionali, in presenza di atti contra legem o palesemente irragionevoli ovvero ancora altamente diseconomici (cfr. ex multis, Cass. Civ. SS.UU. n. 33 del 29 gennaio 2001; n. 6851 del 6 maggio 2003; n. 1979 del 13 febbraio 2012; n. 2078 del 23 novembre 2012 e Corte dei Conti, Sez. III, n. 281 del 23 settembre 2008; Sez. Abruzzo n. 1 del 7 gennaio 2004; Sez. I, n. 115 del 1° aprile 2003).

Inoltre, condotte specifiche che configurano l’illecito si configurano quando non si osservino i criteri imposti dalla norma riguardo alla popolazione dell’ente ed i criteri di nomina che la stessa normativa rinvia ai regolamenti dell’ente.

L'eccessiva onerosità del compenso dei direttori generali

Conseguentemente a quanto appena detto, la Magistratura contabile ha riscontrato spesso la mancanza di quegli elementi di complessità della macchina amministrativa ed imponenza degli impegni dell’ente che dovrebbero giustificare la nomina di una figura aziendalistica come quella del direttore generale.

Ad esempio, scarso numero di dipendenti pubblici, scarse attività a carico dell’ente oltre quelle strettamente obbligatorie a norma di legge.

Talvolta, è stata riscontrata l’eccessiva onerosità del compenso a fronte degli impegni da svolgere nel contesto dell’ente.

Successivamente alle restrizioni apportate dalla Legge finanziaria 2010, si sono riscontrati casi in cui gli Enti Locali con popolazione inferiore ai 100.000 abitanti hanno inteso procedere comunque alla nomina del direttore (es. Corte Dei Conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale Di Appello, Sentenza n.272/2015/A).

Ancora, è stata contestata la modalità di scelta del soggetto per ricoprire l’incarico, in difformità da quanto previsto dai regolamenti degli uffici e servizi dell’ente per il personale dirigenziale.

Tuttavia, nella pratica, le irregolarità nelle nomine hanno riguardato per lo più i segretari comunali.

Titolo di studio necessari direttori

Qualche scalpore ha suscitato la nomina a direttori generali degli Enti, con remunerazione cospicua (quasi pari a quella del sindaco), di dirigenti dei partiti politici di giunta (ad es. al Comune di Milano) senza nemmeno una laurea.

A chi spetta nominare il direttore generale

La legge prevede che siano il Sindaco e il Presidente della Provincia che possono nominare il direttore generale, sicché sono anzitutto queste due figure che possono, con la nomina, provocare un danno all’erario.

D’altro canto, sia la nomina che la revoca, sempre per disposizione normativa, sono sottoposte al vaglio delle giunte degli enti, sicché, a seconda delle risultanze delle indagini nei casi specifici, possono essere condannati anche i membri delle giunte, ossia gli assessori.

Spesso, infine, i giudizi hanno riguardato anche persone che ricoprivano già il ruolo di segretari comunali, a cui era stato attribuito anche quello di direttore generale.

La motivazione di una nomina illecita da parte di un Sindaco o Presidente di Provincia risiede normalmente nel rapporto di fiducia intercorrente con la persona che si vuole nominare, dato che il ruolo particolare attribuito dalla legge al direttore generale, di cinghia di trasmissione fra livello politico ed attuativo, così come la stessa durata dell’incarico coincidente con quella del mandato elettivo, ne fanno una figura importante per il successo dell’azione del sindaco o presidente provinciale.

Per quanto riguarda il caso in cui la nomina abbia riguardato, provocando un danno, un soggetto già segretario comunale, dal punto di vista di quest’ultimo la motivazione risiede, oltre che nel vantaggio patrimoniale, nel desiderio di evitare il rischio di conflittualità, spesso riscontrata, fra le figure di segretario e direttore, quando appunto non rivestite dalla medesima persona.

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